Sostenibilità: la piccola rivoluzione degli orti urbani
il futuro del cibo è tra orti urbani e vertical farm
Spazi piccoli, idee gigantesche: chi l’ha detto che serve un campo per coltivare? Ogni angolo può diventare una fonte di prodotti – se lo guardi con occhi nuovi
Il davanzale di casa. Un balcone dimenticato. Persino l’angolo tra due muri: quando lo spazio scarseggia, la creatività fiorisce. E il cibo… cresce proprio sotto i nostri occhi. Fare di più con meno: questa è la magia dell’agricoltura urbana circolare
In particolare, l’agricoltura urbana permette di acquistare prodotti a km0 e fornisce occupazione locale. Riduce le emissioni di CO2, a condizione che non sia riscaldata a gas o a petrolio (come avviene in Francia per i pomodori occidentali, con enormi serre riscaldate a gas).
Il problema
Oggi, più della metà dell’umanità vive nelle città. Entro il 2050, circa l’80% della popolazione mondiale, che a quella data si stima raggiungerà i 9 miliardi di persone, vivrà in centri urbani sempre più vasti. Come soddisfare i bisogni alimentari di tali moltitudini?
La produzione di cibo è sempre stata considerata in termini rurali, in relazione a politiche non interconnesse con la pianificazione territoriale urbana, eppure già oggi in tutto il mondo circa 200 milioni di agricoltori urbani forniscono cibo a 700 milioni di cittadini (fonte: Fao).
Trattare le questioni legate al cibo nell’ambito urbano implica realizzare una vera e propria governance alimentare in grado di integrare le molteplici funzioni del cibo in rapporto alle caratteristiche dei luoghi e ai processi sociali e produttivi, così come già si sta facendo in molte aree urbane nell’ambito dell’Urban Food Planning.
La soluzione: orti urbani e vertical farming
Tra le tecniche agricole più innovative, che mirano a conciliare la produzione alimentare con la tutela degli ecosistemi naturali e a contrastare i cambiamenti climatici e la perdita di biodiversità, da alcuni anni a questa parte sta prendendo piede il cosiddetto “vertical farming”, anche noto come “agricoltura verticale”. Scopriamo cos’è e perchè è stato citato nel Dialogo strategico sul futuro dell’agricoltura nell’Unione europea, avviato nel mese di gennaio del 2024 e conclusosi a inizio settembre 2024, che ha riunito i principali attori della filiera agroalimentare (tra cui gli agricoltori, le cooperative, le imprese agroalimentari e le comunità rurali) e i portatori di interesse (come le organizzazioni non governative, i rappresentanti della società civile, le istituzioni finanziarie e il mondo accademico) con l’obiettivo di confrontarsi sulle sue prospettive future del settore agroalimentare.
Orti urbani
Per orto urbano si intende uno spazio verde di dimensione variabile e generalmente di proprietà comunale che viene affidato in comodato d’uso a cittadini o associazioni per la produzione di erbe aromatiche, frutta e verdura, fiori. Spesso vengono concessi in zone particolarmente degradate così da valorizzarle, contribuire al miglioramento della qualità della vita e incentivare maggiore aggregazione sociale.
In Italia quella degli orti urbani è una lunga tradizione: durante la seconda guerra mondiale divenne fondamentale coltivare verdure e legumi per soddisfare i bisogni dei ceti meno abbienti e si diffusero i cosiddetti “Orticelli di Guerra”. Con il boom economico e l’incremento della cementificazione questa pratica è venuta meno ed è stata ripresa a partire dagli anni ’80 con la regolamentazione da parte delle amministrazioni locali e la pubblicazione dei bandi per l’assegnazione dei lotti.
Secondo l’analisi della Coldiretti e in base ai dati del rapporto ISTAT sul verde urbano 2021, negli ultimi 5 anni in Italia si è registrata una crescita degli orti urbani del 18,5% superando i 2,1 milioni di metri quadrati occupati. Oggi sono 1,2 milioni gli italiani impegnati a coltivare spazi agricoli: tre le regioni più virtuose c’è l’Emilia-Romagna con 704 mila metri quadrati di orti urbani, seguita da Lombardia, Toscana, Veneto e Piemonte.
La diffusione di aree coltivate in città genera benefici in diversi ambiti: gli orti urbani aiutano a combattere la speculazione edilizia e il degrado, soprattutto nelle periferie delle città, attraverso la riqualificazione di terreni abbandonati. Il ritorno alla terra è benefico anche per la salute dei cittadini che passano molto più tempo all’aria aperta, svolgendo attività fisica e contribuendo in prima persona a rendere le città luoghi più ecologici e vivibili: l’aumento di aree verdi urbane migliora la qualità dell’aria e riduce le emissioni perché le piante assorbono l’anidride carbonica presente in atmosfera.
Maggiori spazi dedicati alla coltivazione permettono anche di migliorare la sostenibilità della catena alimentare: la biodiversità agricola è maggiormente tutelata e, accedere direttamente all’orto, permette di mangiare in modo più sano e genuino. Secondo le stime del progetto SustUrbanFoods, coordinato dall’università di Bologna, con circa 10-20 metri quadrati di terreno si può produrre la quantità di verdura sufficiente ad una persona per un anno. Anche gli scarti alimentari dell’orto possono essere valorizzati e usati come fertilizzante naturale: un approccio di gestione circolare che permette di ridurre la produzione di rifiuti e ottimizzare l’utilizzo delle risorse.
Ai benefici economici e ambientali si aggiungono quelli sociali: coltivare uno spazio insieme ad altri cittadini consente di creare aggregazione, contrastare l’esclusione sociale e vincere la solitudine che spesso ci si ritrova a vivere nei grandi agglomerati urbani.
Un nuovo modo di vivere gli spazi che ridisegna il paesaggio e l’assetto urbanistico in ottica ecologica e inclusiva: così gli orti urbani diventano strumenti particolarmente proficui per lo sviluppo sostenibile.
Il vertical farming
Non esiste una definizione rigorosa di “fattoria verticale”, ma in genere l’agricoltura verticale afferisce alla pratica di coltivare specie vegetali su più livelli sovrapposti verticalmente ospitati all’interno di edifici o strutture artificiali, come grattacieli o serre. Si basa su tecniche di coltivazione soiless (cioè a consumo di suolo zero) come idroponica, acquaponica, aeroponica o agricoltura ad ambiente controllato (CEA).
Per massimizzare il numero di piante a metro cubo, tali sistemi utilizzano tecnologie avanzate per controllare le condizioni di coltivazione (temperatura, umidità, CO2, luce, ecc.) al fine di ottimizzare l’uso delle risorse e degli elementi produttivi aumentando la produttività delle piante. Acqua e nutrienti in eccesso vengono recuperati e reimmessi nel circuito e il consumo di risorse è radicalmente ridotto.
I primi concept di fattorie verticali risalgono agli inizi del ‘900 e vedono una loro prima espressione nei disegni di A.B. Walker pubblicati sulla Life Magazine. Il termine “vertical farming” viene coniato nel 1915 dal geologo americano Gilbert Ellis Bailey, ma in questo caso, si tratta di un’agricoltura che invece di sfruttare lo spazio in altezza, coltiva nelle profondità della terra. Il boom delle ricerche scoppia nel 2008, con la pubblicazione del libro “The Vertical Farm: Feeding the World in the 21st Century” a cura del professore di microbiologia e salute pubblica alla Columbia University Dickson Despommier.
Nei primi anni 2000 iniziano a sorgere le prime vere Vertical Farm in Giappone e nel Sud-Est Asiatico, ma hanno un carattere marcatamente sperimentale. Dal 2010 fattorie verticali commerciali iniziano a diffondersi in tutto il mondo e nel 2012 è la volta di Singapore dove prende vita SkyGreens, composta da più di 100 torri, ciascuna alta 9 metri, per la coltivazione di verdure utilizzando la luce solare e l’acqua piovana.
L’Olanda è il paese in cui attualmente il Vertical Farming è maggiormente presente e sviluppato: successo attribuibile al clima poco favorevole alle tradizionali coltivazioni agricole, compensato dalla presenza di varie specie autoctone, e alla necessità di ottimizzare la produzione su terreni non troppo estesi. L’agricoltura verticale, infatti, non prevede l’uso di terriccio, e cosi riduce al minimo il consumo di suolo e permette di gestire nel modo più efficiente possibile tutte le risorse necessarie, come l’ossigeno, l’acqua e la luce, grazie anche all’impiego di tecnologie all’avanguardia. Fra queste, rientrano i sensori per il monitoraggio della crescita delle piante e il controllo costante delle condizioni ambientali; gli strumenti di analisi dei dati, che consentono di prevedere le necessità future delle colture; i meccanismi abilitati dall’Internet of Things, che sono in grado di attivare in automatico sistemi come quello di areazione, di irrigazione o di illuminazione, così da regolare temperatura e umidità.
Buone pratiche tutte da copiare
In Italia:
- Kilometro verde
L’azienda “Kilometro verde”, fondata nel 2021 a Manerbio, in provincia di Brescia, dall’imprenditore Giuseppe Battagliola, coniuga tradizione agricola e innovazione tecnologica per offrire tutto l’anno ortaggi a foglia pronti al consumo, grazie alla vertical farm inaugurata nel 2023 a Verolanuova. Le insalate vengono prodotte tramite idroponica e non hanno bisogno di essere lavate prima di essere consumate, così da anticiparne il confezionamento e assicurare la croccantezza delle foglie.
- Planet Farms
Lo stabilimento produttivo di Planet Farms, co-fondata nel 2018 a Milano da Luca Travaglini e Daniele Benatoff, si trova a Cirimido, in provincia di Como. Grazie alle tecniche idroponiche e all’intelligenza artificiale, la startup coltiva lattuga gentile, misticanza, baby iceberg e altri tipi di insalata e mette in commercio prodotti come il “Mix delicato”, il “Mix vivace” e quello “rustico”, oltre al pesto e al pesto senza aglio.
- Agricola Moderna
Agricola Moderna è nata nel 2018 nel capoluogo lombardo da un’idea di Pierluigi Giuliani e Benjamin Franchetti. Nel 2019, i due hanno inaugurato la prima struttura pilota a Melzo; nel 2023, hanno avviato la costruzione di un nuovo stabilimento in provincia di Cremona. Producono insalata croccante, insalata tenera, misticanza italiana, lattughino biondo e basilico, tutti certificati Nickel Free, in celle alte otto metri con metodo idroponico e parametri costantemente controllati.
All’estero:
- Gotham Greens – New York City
Produce in città ortaggi biologici sui tetti degli edifici adatti all’agricoltura commerciale urbana. Dal 2011 ha costruito a New York quattro serre con orti biologici idroponici (Brooklyn, Long Island, Bronx e Queens) – e una quinta a Chicago – per un totale di 170.000 metri quadrati, che producono ogni anno 135 tonnellate di verdure fresche biologiche ed erbe aromatiche a km zero, vendute nelle catene di supermercati come Whole Foods, Sunset Foods, Target e FreshDirect.
Gotham Greens indica con chiarezza il futuro dell’agricoltura urbana. La direzione è ormai chiara. L’agricoltura commerciale può promuovere l’autosufficienza alimentare delle città sfruttando gli spazi urbani inutilizzati, come i tetti degli edifici, per produrre ortaggi ad impatto zero, con serre a ventilazione passiva, alimentate da impianti fotovoltaici, che riutilizzano l’acqua piovana per gli impianti idroponici.
- INFARM – Londra e oltre
Mini-fattorie verticali dentro i punti vendita: il basilico cresce accanto alle casse. Azienda berlinese fondata nel 2013 da Osnat Michaeli e dai fratelli Erez e Guy Galonska, InFarm è specializzata nell’urban farming e nelle coltivazioni verticali e ha lanciato un innovativo e altamente tecnologico centro di produzione e distribuzione (nella formula “all in one”) che ha la particolare caratteristica di essere modulare.
In sole sei settimane possono esse costruiti moduli (sia produttivi che distributivi) di 25 metri quadri di superficie e con un’altezza che varia dai 10 ai 18 metri, in grado di produrre con un’efficienza fino a 400 volte superiore rispetto alle equivalenti produzioni a terra. Il progetto di Infarm nasce da una visione del mondo produttivo che guarda alla sostenibilità delle forniture agricole e si basa su una combinazione di tecnologie: dal Cloud ai Big Data, all’Internet of Things (IoT). Tra i big retailer che già fanno parte della rete di Infarm figurano: Empire Company Ltd (Safeway, Sobeys, ThriftyFoods), Whole Foods Markets, Marks & Spencer, Kroger, Kinokuniya, Aldi, Amazon, Auchan, Casino, E. Leclerc, Edeka, Intermarché, Irma, Kaufland, Metro, Migros, Selgros, Summit, che hanno realizzato i “growing center” di Infarm in Germania, Canada, Danimarca, Francia, Giappone, Lussemburgo, Paesi Bassi, Regno Unito, Stati Uniti e Svizzera.- Sky Greens – Singapore
Grattacieli verdi: produzioni verticali ultra-efficienti, spazio zero, impatto massimo. A Singapore, dove il consumo di suolo ha raggiunto livelli di completa saturazione, con conseguente totale dipendenza dall’esterno per gli approvvigionamenti alimentari, opera Sky Green, che fu la prima vertical farm al mondo e che coltiva tre varietà di ortaggi destinati alla vendita presso i supermercati locali, pari ad una tonnellata ogni due giorni. La struttura verticale, progettata da Sky Green Farms, è costituita da centinaia di torri in alluminio, all’interno delle quali sono stati disposti dei ripiani su cui vengono coltivati gli ortaggi.
Forse il futuro del cibo non ha bisogno di spazio. Solo di visione.
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