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BIOVA, LA BIRRA ARTIGIANALE CHE NASCE DAL PANE RECUPERATO

Birra Biova

DAL PANE AVANZATO ALLA BIRRA: BIOVA e’ IL PROGETTO CONTRO LO SPRECO ALIMENTARE

Un progetto di recupero alimentare innovativo e pienamente “circolare”

 

“La birra non avanza mai. Il pane, purtroppo, si”.

Birra Biova è la birra che trasforma il pane invenduto e secco in una birra dal sapore green. Partendo dal pane, birra Biova ha bisogno di soli altri 3 ingredienti: acqua, malto e lievito. Da questi pochi ingredienti, si ricava una birra artigianale alternativa, buona e, soprattutto, sostenibile.

Birra Biova e’ un progetto anti spreco alimentare, che crea un prodotto di qualità e di largo consumo.

Birra Biova
credits: Birra Biova

La storia

Birra Biova nasce grazie all’intuizione dei tre soci fondatori e dall’esempio di altre realtà europee, nel 2017.  Emanuela Barbano, Franco Dipietro e Giovanni Giovine, ex colleghi in una multinazionale del settore pubblicitario, intraprendono strade diverse, che li portano a dedicarsi al mondo del no profit e dell’impegno sociale: proprio in quest’ambito maturano consapevolezza e sensibilità verso il tema dello spreco alimentare.

 

 

BIRRA BIOVA
Emanuela Barbano, co-founder di Birra Biova

 

Collaborando con una onlus che si occupa di recuperare le eccedenze alimentari dai catering per destinarle ai bisognosi, si sono accorti di quanto pane avanzi su ogni tavola,  e di quanto sia difficile riproporlo. “Perfino le mense dei poveri ne hanno troppo e non lo prendono volentieri”, affermano i tre fondatori. La passione comune per la birra e l’esperienza professionale maturata nel corso degli anni hanno fatto il resto.

“Abbiamo messo in campo tutto quello che sappiamo fare in termini di comunicazione e sensibilità, unendo profit e no profit in un’unica battaglia contro lo spreco alimentare”.

 

Birra Biova
credits: Birra Biova

 

Da rifiuto a nuovo valore

Un Paese come l’Italia produce circa 13mila quintali al giorno di scarti di pane, gran parte del quale non raggiunge neanche le tavole degli italiani. Rimane sullo scaffale, invenduto.

Perché proprio la birra? Il primo motivo è che il pane, sia per i lieviti in esso contenuti, sia per l’aroma tostato tipico degli alimenti a base di cereali, ben si presta al processo di ammostamento, fondamentale nell’attività brassicola. Non a caso, la birra al pane era già presente nella cultura degli antichi Egizi e nell’est Europa, con particolare riferimento alla Russia, dove la tradizione della birra Kvass (a base di pane di segale, a bassa fermentazione e dal ridotto tenore alcolico), nata intorno al X secolo, non è mai tramontata. Il secondo motivo è la passione comune dei tre soci fondatori per la buona birra.

A ogni 2,5 litri di Birra Biova prodotta, corrisponde un risparmio di circa il 30% di malto d’orzo e 1365 Kg di CO2 in meno immesse nell’ambiente. 

Birra Biova
Birra Biova, preparazione

Così, coinvolgendo un birrificio artigianale della provincia di Cuneo, è nata la prima cotta. Era solo il 2017 e, da allora, dopo una serie di esperimenti, prove, sbagli e correzioni in corso d’opera, Birra Biova è cresciuta, fino a conquistarsi anche uno spazio nella grande distribuzione.  COOP è stato il primo grande marchio della GDO che Birra Biova e’ riuscita a conquistare. Ad oggi, e’ possibile acquistare la birra anche presso altri marchi, tra i quali Unes Supermercati, Carrefour, Panorama.

Inoltre, Birra Biova e’ anche entrata nel circuito deglo slow fast food “M** Bun” di Torino, città’ dalla quale nasce il progetto: a partire dal pane per gli hamburger, e’ stata creata anche una birra appositamente per il network di cinque ristoranti M** Bun, una IPA chiamata Mac Biova”.

 

mbun_blog_biova
La M**Biova

 

Ma parliamo della birra!

Birra Biova è attualmente prodotta in tre versioni, espressione di altrettanti stili birrai: una bionda classica tipo Kölsch, una IPA e una Cream Ale. “L’idea però è quella di creare una birra per ogni entità con cui collaboriamo” precisano i fondatori.

Partendo dal pane, birra Biova ha bisogno di soli altri 3 ingredienti: acqua, malto e lievito.

Birra Biova San Salvario

 

 

Dal pane, alla birra, al territorio: la sostenibilità e’ sociale

l legame con la città di Torino è forte (anche perché “biova” è il nome del pane comune piemontese). È proprio qui, infatti, che Birra Biova nasce a ha sede anche se, come precisano i fondatori,  si tratta di una realtà dinamica: “non abbiamo un birrificio perché ogni volta affittiamo quello più vicino al posto dove recuperiamo il pane. Questo ci permette di poter lavorare vicino al luogo di recupero del pane senza innescare un traffico di spostamenti su strada”.

Una birra a chilometro zero, dunque, prodotta sempre appoggiandosi a una serie di birrifici artigianali, che mettono a disposizione la loro esperienza e i loro impianti per dare vita alle ricette di cui Biova è titolare.

Prossimamente l’intenzione è quella di avviare un’iniziativa solidale per coinvolgere San Salvario, il quartiere della “movida” torinese. “Una delle zone della città che ha certamente sofferto di più durante il lockdown seguito all’epidemia dovuta al Covid-19” spiegano.

“Per dare un po’ di linfa al quartiere abbiamo stretto un accordo coi panettieri di San Salvario: a partire dal loro pane invenduto, realizzeremo una birra che loro stessi e i locali della zona potranno vendere direttamente. Il ricavato verrà poi devoluto a CeloCelo Food, onlus impegnata nel ritirare eccedenze dai piccoli commercianti per creare dei pacchi spesa da dare ai bisognosi. Un modo per amplificare i nostri valori e fare qualcosa di veramente concreto contro lo spreco”.

 

Birra Biova San Salvario
Birra Biova per San Salvario

 

Il futuro e’ “circolare”

Birra Biova è dunque solo la punta d’iceberg di una filosofia di ampio respiro, attenta al contrasto allo spreco alimentare e fondata su principi di solidarietà e attenzione a tematiche sociali e ambientali.  Biova non è ‘solo’ una birra ma è un vero e proprio progetto di recupero alimentare innovativo. La birra e’ solo l’inizio, i fondatori hanno allo studio altri prodotti, sempre nell’ambito del recupero di alimenti, cui dare nuova vita, per  allargare un modello che idea e sviluppa beni a partire da quelle eccedenze altrimenti destinate a diventare rifiuti.


 

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