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un tessuto italiano per ingannare i sistemi di riconoscimento facciale

Cap_Able produce capi di abbigliamento che non permettono il riconoscimento facciale da parte dei sistemi di sorveglianza

 

La pervasività della tecnologia porta con se’ anche una sua percezione di intrusività, che molti stanno cercando di avversare con soluzioni ugualmente tech. Nel caso specifico, progettando capi di abbigliamento che i computer riconoscano come volti ma che sono, in realtà, modelli fuorvianti per i software di riconoscimento facciale.

All’origine di queste soluzioni, la riflessione sulla necessità di tutelare e sensibilizzare le persone sul tema del diritto alla privacy

Cittadini sempre più controllati

Se da un lato la videosorveglianza contribuisce ad aumentare la sicurezza, e questo è indubbiamente il suo enorme valore positivi, dall’altro pone nuovi quesiti sulla legislazione e la regolarizzazione della tutela della privacy e dei diritti umani.

In assenza di norme capaci di seguire in tempo reale il progresso della tecnologia, la situazione rischia di essere  manipolata maliziosamente. Come sempre, la tecnologia di per sé è neutra, né buona né cattiva, e tutto dipende dall’utilizzo che se ne fa e dalle intenzioni di chi la governa.

foto: Pixabay

Se pensiamo però che la maggior parte dei sistemi del settore della videosorveglianza sono prodotti in paesi nei quali l’esercizio della democrazia assume caratteristiche diverse da quelle cui siamo abituati e nelle quali crediamo, nasce qualche preoccupazione in più.

Quello che anni fa era uno degli ingredienti principali della letteratura distopica, ovvero il controllo della vita delle persone, oggi, nelle mani di persone di pochi scrupoli, potrebbe diventare realtà.

Moda e studio sui tessuti per contrastare gli abusi

Moda e studio sui tessuti per contrastare il fenomeno dilagante dell’abuso del riconoscimento facciale e del controllo delle persone.

Il progetto di cui ti parliamo, Cap Able Adversarial Knitted Fashion, ha sviluppato la prima collezione in tessuto jaquard per ingannare le videocamere e proteggere l’identità di chi ne indossa i capi.

foto: Cap Able

Cap Able vuole farsi portavoce di un problema che riguarda tutti e intende aiutare le persone ad acquisire consapevolezza degli abusi che i sistemi di controllo rendono possibili senza che le persone ne abbiano contezza. Il confine fra sicurezza e controllo infatti è decisamente labile: molte videocamere non rispettano la privacy degli individui e potrebbero addirittura contribuire a ledere i diritti umani quando le immagini e la loro elaborazione sono utilizzate per discriminare, accusare, controllare e manipolare le persone.

Un tessuto, la tua privacy

Cap Able nasce dall’inontro fra moda, design e ingegneria. Un tessuto al’avanguardia – Cap Able – che riproduce immagini ‘avversarie’, in grado di ingannare le videocamere a riconoscimento facciale.

All’origine di questo lavoro, la riflessione sulla necessità di tutelare e sensibilizzare le persone sul tema del diritto alla privacy. 

foto: Cap Able

L’idea ha preso forma nel 2020 al Politecnico di Milano, grazie al talento di Rachele Didero, che per la sua tesi di laurea ha realizzato una prima capsule collection. Oggi supportata anche dalla sorella Rebecca, Cap Able è stato sviluppato allo Shenkar College di Tel Aviv.

Selezionata per il programma Crt, Talenti per l’Impresa, Rachele Didiero ha raccontato in una recente intervista a Liberties.eu la genesi di questo progetto: “Il progetto nasce a New York nell’estate del 2019  dove mi trovavo per un tirocinio dopo il semestre trascorso al Fashion Institute of Technology. Qui ho conosciuto un ingegnere della UC Berkeley e una sera, parlando di tematiche relative ai diritti umani e alla privacy, è nata l’idea di combinare moda e computer science. Ho deciso di approfondire la ricerca una volta tornata a Milano e portarla come argomento di tesi magistrale. I primi esperimenti, nel gennaio 2020, sono avvenuti al Politecnico di Milano. Nel febbraio dello stesso anno mi sono trasferita a Tel Aviv per un semestre di scambio al Shenkar College, istituto all’avanguardia in particolare per il dipartimento di textile”.

foto: Cap Able

Il trucco nel jaquard 

La collezione di abiti in maglia jaquard in cotone si caratterizza per le decorazioni molto colorate di ispirazione animalier o geometrica, che riproducono un’immagine ‘avversaria’, che sovrappone di elementi di disturbo impercettibili all’occhio umano, ma che mandano in confusione l’algoritmo della rilevazione facciale, che riesce così a intercettare solo i motivi decorativi e non il viso di chi li indossa.

Il tessuto jaquard è lavorato a maglia tridimensionale utilizzando fili di molti colori.

I test

I tessuti elaborato da Rachele Didero sono stati testati su Yolo, attualmente l’algoritmo di riconoscimento facciale più veloce e avanzato. I tessuti di Cap Able ingannano con astuzia i sistemi di rilevamento di oggetti grazie all’illusione ottica offerta dalla particolare tessitura e dai pattern jaquard.

Nel video sotto, ti mostriamo come funziona Cap Able, e come inganna i sistemi di videosorveglianza:

Dove acquistare Cap Able

Per quanto riguarda gli sviluppi futuri del progetto, obiettivo immediato è trasformare la capsule collection in una collezione di maglieria che possa tutelare la privacy di chi la indossa, preservandone la sicurezza. Una collezione dedicata a un pubblico trasversale, a partire dalle fasce più giovani alle persone che si occupano di diritti umani; una collezione per coloro che sono sensibili alle tematiche relative alla privacy, al razzismo, alla libertà di espressione. Una collezione intelligente, bella da indossare e capace di attivare riflessioni. 

Cap Able inizierà presto una campagna di raccolta fondi e investimenti per poter produrre la collezione e renderla accessibile.

fonte: Cap Able I Filmar I Liberties.EU I Kopernicana

Immagine di copertina: Cap Able


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