Come vivremo sulla Luna? scopriamo il Moon Village
Moon Village è un concept di insediamento lunare sviluppato dall’Agenzia Spaziale Europea insieme al celebre studio d’architettura Skidmore
L’Umanità si prepara a stabilire nei prossimi anni una presenza stabile sulla superficie della Luna. La missione Artemis, in programma per il 2026, mira a tornare sul nostro satellite per restare, stavolta. Ma come e dove vivranno i coloni della Luna?
L’Agenzia Spaziale Europea ha collaborato con il celebre studio di architettura americano Skidmore, Owings & Merrill – autore tra le altre cose dell’impressionante Burj Khalifa di Dubai – e il MIT per sviluppare il concept di Moon Village, un progetto di insediamento permanente per i futuri abitanti della Luna.
Un villaggio lunare vista Terra
L’idea è sviluppare il villaggio sull’orlo del cratere Shackleton nella regione sud polare della Luna, dove l’esposizione alla luce solare è pressoché costante, riducendo l’escursione termica e facilitando la produzione di energia elettrica tramite pannelli fotovoltaici. Le unità si stima che avranno un fabbisogno di circa 60 kW di potenza per sostenere i vari sistemi. La regione ospita inoltre grosse riserve d’acqua, che sappiamo essere presente nella forma di ghiaccio nelle zone d’ombra del cratere.
Si tratterà di un habitat costellato da unità abitative realizzate in struttura composita e leggera, in grado di essere impacchettate sul vettore spaziale per essere pressurizzate in loco. Potranno essere ricoperte da gusci di regolite lunare (sedimenti dello strato più esterno ndr) stampati in 3D”.
Il Moon Village nel dettaglio
il Moon Village è composto da unità modulari contraddistinte da una struttura semi-rigida gonfiabile che permette di agevolare il trasporto dalla Terra alla Luna, comprimendo le dimensioni dei moduli durante il viaggio, per poi gonfiarli sul posto. Le strutture abitabili che comporranno il villaggio avranno una dimensione di fino a 390 metri cubi di volume abitabile con una suddivisione a quattro piani.
La struttura portante è perimetrale, in modo tale da massimizzare lo spazio utilizzabile all’interno, e costituisce una sorta di scheletro per il guscio gonfiabile. Nonostante questi accorgimenti i moduli, completi di tutta la strumentazione, avranno una massa di circa 58 tonnellate, il che al momento li rende fuori dalla portata degli attuali sistemi di lancio, ma compatibile con il progetto Starship di SpaceX.
I moduli integreranno tutti i sistemi necessari alla sopravvivenza dei coloni, a cominciare dai sistemi di supporto vitale, gli scudi anti-radiazione, climatizzazione, con la possibilità di sostenere fino a quattro persone contemporaneamente per periodi fino a 300 giorni (limite massimo dato proprio dall’esposizione alle radiazioni).
La finalità del progetto non è solo quella di portare l’Uomo ad avere una presenza stabile e confortevole sulla Luna, ma di sviluppare nuove tecnologie che possano essere utilizzate anche per la realizzazione di strutture abitative nelle aree meno ospitali della Terra e su come progettare insediamenti in grado di condividere in modo efficiente poche risorse disponibili.

Le difficoltà nel progettare una soluzione abitativa sulla Luna
Non sono certo poche le difficoltà tecniche proprie di un progetto di questo calibro. Intanto, la gravità: in microgravità il carico principale delle strutture diventa la pressurizzazione interna, pertanto occorre sviluppare metodi di progettazione computazionale di cui mi sono occupata per l’ottimizzazione strutturale.
L’elemento umano, che è doppiamente fragile. Da un punto di vista fisiologico non siamo progettati per vivere fuori dall’ecosistema terrestre. L’architettura dello spazio deve progettare non edifici statici ma “macchine“ che in tempo reale restituiscano dati per garantire un monitoraggio continuo, in uno scambio di informazioni con l’interfaccia umana. Servono soluzioni di design che mitighino lo stress da isolamento e confinamento in ambiente estremo, altra fragilità. Con un’ottica anche alla conservazione. Non dobbiamo fare sugli altri corpi celesti lo stesso errore commesso con i satelliti che oggi, non più funzionanti, sono rifiuti spaziali che inquinano l’orbita bassa terrestre. Al netto delle criticità quella di oggi è un’epoca straordinaria per l’esplorazione.
Mantenere gli equipaggi vivi e in salute
Anche il pericolo radiazioni non è certo da sottovalutare: inizialmente il progetto prevedeva un soggiorno di 500 giorni, ma questo obiettivo ha dovuto essere rivisto a causa di uno dei vincoli più impegnativi della vita sulla Luna: le radiazioni. Poiché la Luna si trova ben al di fuori dello scudo magnetico protettivo della Terra per la maggior parte della sua orbita, è soggetta a radiazioni ionizzanti provenienti dal Sole e dallo spazio profondo. L’analisi delle radiazioni ha fornito una migliore indicazione dei limiti di esposizione e durata, quindi sono stati modificati gli obiettivi base, ricalcolati in un massimo di 300 giorni. E’ anche per questo che, nella progettazione, gli alloggi dell’equipaggio – inizialmente previsti ad un piano superiore – sono stati spostati a un livello inferiore, per fungere anche da rifugio contro le tempeste solari. Questo livello ospiterà anche il sistema di supporto vitale, offrendo una protezione extra dalle radiazioni.
Con uno sguardo al futuro, l’habitat del Moon Village combina sistemi tradizionali di supporto vitale con sistemi rigenerativi a ciclo chiuso, sviluppati attraverso il programma MELiSSA dell’ESA, con il vantaggio aggiuntivo di permettere la coltivazione di cibo in loco. MELiSSA (Alternativa microecologica per il mantenimento della vita) si propone di elaborare un sistema funzionante per i voli spaziali di lunga durata, che possono richiedere anche anni e nel corso dei quali non si butterà via niente, nemmeno i rifiuti di origine umana. Il progetto è più ambizioso degli altri sistemi di riciclaggio usati sulla Mir o nella Stazione spaziale internazionale, che purificano l’acqua e riciclano l’anidride carbonica esalata, ma non provano a riciclare i rifiuti organici per produrre cibo.
Una nuova corsa allo spazio.
Ormai anche soggetti privati, non solo pubblici, investono nelle missioni. Questo consentirà un giorno anche ai civili di parteciparvi, non solo agli astronauti: è la democratizzazione dell’accesso allo spazio la vera e ultima rivoluzione, il vero “game changer”.
fonte: ESA I Wired
immagine di copertina: ESA
autore: Barbara Marcotulli
Maker Faire Rome – The European Edition, promossa dalla Camera di Commercio di Roma, si impegna fin dalla sua prima edizione a rendere l’innovazione accessibile e fruibile, offrendo contenuti e informazioni in un blog sempre aggiornato e ricco di opportunità per curiosi, maker, imprese che vogliono arricchire le proprie conoscenze ed espandere la propria attività, in Italia e all’estero.
Seguici, iscriviti alla nostra newsletter: ti forniremo solo le informazioni giuste per approfondire i temi di tuo interesse.