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Intelligenza artificiale a scuola, alleata dell’inclusione 

Dalla scuola all’università, l’Intelligenza Artificiale può integrare il lavoro degli insegnanti e rendere l’educazione più accessibile. Per tutti. 

 

Il mondo dell’istruzione sta vivendo una trasformazione significativa grazie all’Intelligenza Artificiale, che si sta rivelando uno strumento prezioso per rendere l’educazione più accessibile e personalizzata. Ma come sta avvenendo questa rivoluzione?

Evoluzione delle applicazioni IA in educazione

L’ambito generativo dell’IA, caratterizzato da sistemi come ChatGPT di OpenAI e Bard di Google AI, è solo la punta dell’iceberg. Queste tecnologie, elaborate attraverso l’analisi di vasti archivi di testo e codice, mostrano potenzialità illimitate. Sono capaci di comporre testi, tradurre lingue e generare contenuti creativi, ma la loro vera forza risiede nella capacità di adattarsi alle sfumature e alle diversità del contesto educativo. Le applicazioni sono multiformi:

  • sviluppo di materiali di studio adattati, che rispondono alle specif­iche inclinazioni intellettuali di ciascun bambino/a;
  • creazione di veri­fiche questionari, che si allineano al livello individuale di apprendimento e conoscenza;
  • supporti alla didattica inclusiva, che offrono strumenti che aprono le porte dell’apprendimento a tutti. 

L’IA come strumento per l’inclusione e l’efficienza didattica

L’applicazione dell’IA nell’educazione non si limita alla personalizzazione dei contenuti, ma si estende alla creazione di attività didattiche inclusive, che promuovono il cooperative learning e stimolano la partecipazione attiva. Gli insegnanti possono sfruttare l’IA per: 

  • generare attività collaborative, che incoraggino l’interazione tra alunni e alunne con diverse abilità;
  • sviluppare simulazioni e giochi educativi, che favoriscano l’apprendimento esperienziale. 

L’esperienza degli Stati Uniti

Partiamo dagli Stati Uniti, dove un’interessante sperimentazione sta cercando di affrontare un problema cronico: le disuguaglianze educative.

La Stanford University ha sviluppato TutorCoPilot, un sistema basato su GPT-4 che affianca i tutor nell’insegnamento. Il progetto è particolarmente significativo perché si rivolge proprio a quelle aree dove è più difficile trattenere insegnanti esperti, creando così un circolo vizioso di disparità educativa. Lo studio della Stanford University ha coinvolto circa 900 docenti e 1.800 studenti della scuola elementare fino a 12 anni provenienti da comunità storicamente in condizioni di disagio.

Ma come funziona concretamente? Immagina una chat dove studenti e tutor interagiscono: quando un insegnante ha bisogno di supporto per spiegare un concetto o correggere un errore, può chiedere suggerimenti a TutorCoPilot. I risultati sono incoraggianti: gli studenti mostrano un miglioramento del 4% nella padronanza degli argomenti, che sale addirittura al 9% quando si tratta di docenti meno esperti. I docenti con accesso a Tutor CoPilot sono, infatti, più propensi ad utilizzare strategie che favoriscono la comprensione degli studenti e meno propensi a dare la risposta allo studente, allineandosi in questo modo con pratiche di insegnamento di alta qualità. 

E non è da sottovalutare anche il costo complessivo di questa operazione, competitivo rispetto a quello “tradizionale”: la Stanford University ha stimato che TutorCoPilot potrebbe migliorare l’apprendimento degli studenti a un costo più basso rispetto alle migliaia di dollari che normalmente occorrono per formare i docenti di persona.

Le esperienze italiane

E in Italia? Il Ministero dell’Istruzione non è rimasto a guardare. Già da qualche tempo, su input proprio del ministro, è iniziata una sperimentazione per l ricorso ad alcuni sistemi di intelligenza artificiale, per verificare se l’introduzione di assistenti virtuali possa migliorare l’apprendimento degli alunni, soprattutto in chiave inclusiva, e semplificare il lavoro degli insegnanti. Durante questo anno scolastico il supporto dell’assistente virtuale coinvolgerà 15 classi tra seconde della scuola secondaria di primo grado e prime e quarte superiori in Lazio, Calabria, Toscana e Lombardia per due anni. Durante tutta la sperimentazione dati anonimizzati verranno raccolti da Invalsi per monitorare l’andamento di questo progetto pilota.

Per quanto riguarda il mondo accademico, al momento l’uso degli assistenti virtuali è assai diffuso in Italia soprattutto nella promozione dell’interazione tra studenti e amministrazione, segreterie, interventi cioè finalizzati alla transizione digitale, alla semplificazione dei processi, alla rapidità di accesso alle informazioni. Si tratta quindi di assistenti virtuali che stanno ampiamente modificando il rapporto discente – istituzione.

Da gennaio 2024, il gruppo Multiversity (che include gli atenei digitali Pegaso, Mercatorum e San Raffaele Roma) ha introdotto un chatbot disponibile 24/7 per gli studenti. La peculiarità? Risponde utilizzando esclusivamente i contenuti preparati dai docenti, garantendo un’accuratezza superiore al 99%. Il chatbot permette di aumentare l’interattività in aula e migliorare la didattica, rendendola più coinvolgente e adattabile alle esigenze individuali degli studenti. 

Nessuna sostituzione ma affiancamento

È interessante notare come questi strumenti non mirino a sostituire gli insegnanti, ma piuttosto ad affiancarli, offrendo un supporto personalizzato che sarebbe impossibile fornire manualmente a ogni studente. L’IA diventa così uno strumento di democratizzazione dell’istruzione, permettendo di ridurre le disuguaglianze e offrire opportunità di apprendimento più eque.

fonti: Gruppo La Scuola I Agenda Digitale

immagine di copertina: Andrea Se Santis via Unsplash

autore: Barbara Marcotulli


 

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