Elettronica commestibile: robot edibili per la diagnosi e la cura
Elettronica e digitalizzazione fanno parte integrante della medicina 4.0, per fornire strumenti e soluzioni atte a diagnosi e a cure più mirate e meno invasive
L’elettronica commestibile è una promettente branca scientifica su cui da tempo è attiva la ricerca. Comprende una serie di strumenti, che vanno dalle pillole intelligenti ai robot edibili, e registra costanti progressi che prefigurano nuove opportunità di diagnosi e di cura. Essa va ben oltre i wearable device o i dispositivi impiantabili, come i pacemaker cardiaci o gli impianti retinici, già in uso da decenni.
Gli scienziati stanno lavorando per rendere possibile e mirato l’impiego di piccoli dispositivi elettronici ingeribili, mossi dall’interesse per le possibilità offerte da queste soluzioni tecnologiche. Si spazia dalla diagnosi non invasiva di disturbi gastrointestinali alla capacità di monitorare parametri vitali, fino alla possibilità di creare medicinali su misura per il singolo paziente o, addirittura, di inventare cibi salvavita attraverso la realizzazione di robot commestibili.
I dispositivi elettronici commestibili sono da tempo al centro dell’interesse della ricerca per la loro capacità di entrare nel corpo senza nuocere alla salute, assicurando l’incolumità dei pazienti che si sottopongono a esami diagnostici e cure. I test realizzati finora hanno dato lusinghieri riscontri per la sicurezza umana. Inoltre, il loro grado di precisione dei dispositivi è sempre più elevato e questo depone a favore di una sempre crescente sicurezz nel loro impiego.
Elettronica edibile: cos’è e a cosa serve
L’“Edible electronics”, ovvero l’elettronica commestibile, ha lo scopo di realizzare dispositivi elettronici biodegradabili e assimilabili dal corpo umano.
Chiariamolo subito: non è previsto che alcun microchip prenda il controllo del nostro corpo, quella è fantascienza. Nessuno scopo malevoli si nasconde dietro queste ricerche. Piuttosto, mirano a creare componenti elettroniche biodegradabili per essere sicuri che ciò che verrà usato non avrà impatti negativi sulla salute delle persone e sull’ambiente. Esattamente il contrario, quindi: si sta lavorando in modo da avanzare la tecnologia a favore dell’uomo e senza alcun rischio per la sua salute. Si tratta, di fatto, di un’evoluzione dei chip ingeribili, che diverrebbero davvero commestibili.
Un po’ di storia
R. Stuart Mackay, all’epoca docente di fisica e biofisica presso il Medical Center dell’Università della California, e Bertil Jacobson, professore di ingegneria medica al Karolinska Institute, realizzarono, nel 1957, un «dispositivo in grado di inviare informazioni sulle condizioni interne di una persona vivente», come descrissero nell’articolo “Endoradiosonde”, pubblicato su Nature: si trattava di una piccola capsula ingoiabile contenente il trasduttore di rilevamento e il trasmettitore radio.
Ulteriori sviluppi negli anni Ottanta e Novanta hanno portato ai primi sensori ingeribili per la valutazione della temperatura, presto seguiti dal sistema endoscopico a capsula video.
Nel tempo, i dispositivi elettronici ingeribili hanno continuato ad essere sviluppati (la prima applicazione approvata dalla Food and Drug Administration è del 2001 – Fonte: FDA) e oggi sono un’area di ricerca molto attiva e in grado di perfezionarsi di anno in anno.
Quali usi per l’elettronica edibile
Focalizzandosi su quelli che potrebbero essere gli usi commerciali di tali tecnologie, un grandissimo potenziale si palesa per il comparto retail. In primis, la funzionalità che appare più evidente è legata alla realizzazione di etichette intelligenti che permettano di controllare la qualità di un prodotto alimentare, e direttamente applicabili su quest’ultimo. Ciò rivoluzionerebbe il mondo del packaging, rendendo nei fatti la tracciabilità del prodotto più efficace.
Si pensa pure che da questa tecnologia potrebbe arrivare in futuro uno slancio (al momento la memoria dei chip edibili è ancora scarsa, ma si intravedono margini di ottimizzazione) alla memorizzazione nelle etichette elettroniche commestibili del codice blockchain che permetta di tracciare tutta la filiera di un singolo prodotto.
Tutto il settore dell’alimentazione, quindi, potrebbe essere coinvolto da queste nuove tecnologie, per cui integrando tali sistemi elettronici che sulla superficie di frutta, verdura o carne si potrà avere in tempo reale contezza di produttore, distributore, rivenditore, verificando, attraverso il food tracking, lo stato di conservazione del prodotto fresco in consegna.
Un altro settore fortemente interessato dagli sviluppi di questa tecnologia è, ovviamente, quello biomedicale: si spazia dalla diagnosi non invasiva di disturbi gastrointestinali alla capacità di monitorare parametri vitali, fino alla possibilità di creare medicinali su misura p il singolo paziente o, addirittura, di inventare cibi salvavita attraverso la realizzazione di robot commestibili.
Sul comparto dell’elettronica commestibile si registra una crescita di interesse e di valore del mercato generato: il solo mercato globale delle pillole intelligenti, valutato a 1,79 miliardi di dollari nel 2023 si prevede che raggiungerà i 4,78 miliardi di dollari entro il 2032 [fonte: Polaris Market Research].
Ma stime e cifre non bastano a far comprendere le opportunità dischiuse dai dispositivi ingeribili, davvero ampie e su cui si basa una parte della medicina del prossimo futuro.
La ricerca italiana
Tutto molto reale e attuale anche nel nostro paese, nel quale già da diverso tempo ci sono in atto studi in materia. Ad essere operativo su questa tematica in Italia è il team di ricercatori dell’Istituto Italiano di Tecnologia (IIT), con il laboratorio di Printed and Molecular Electronics del Center for Nano Science and Technology.
Il progetto ELFO
Un progetto in particolare sta mostrando risultati molto interessanti: si chiama “ELFO” (ELectronic FOod), aveva vinto un finanziamento di 2 milioni di euro dello European Research Council (ERC) per la durata di 5 anni, e prevedeva già entro l’agosto del 2025 di avere a disposizione delle nuove tecnologie abilitanti per sistemi elettronici ingeribili rivoluzionari che, una volta terminata la loro attività, possono decomporsi all’interno dell’organismo, «digeriti o addirittura metabolizzati». ELFO intende fornire «le basi di una nuova tecnologia abilitante per i sistemi elettronici commestibili».
I dispositivi che compongono la piattaforma tecnologica consentiranno di effettuare prevenzione, diagnosi e terapia delle malattie gastrointestinali, ma anche di essere strumenti attivi contro la contraffazione alimentare, un fenomeno che altera o falsifica prodotti, nuocendo non solo alla salute, ma anche all’economia.
Coordinatore del team di ricerca è Mario Caironi, coordinatore del Printed and Molecular Electronics Laboratory dell’IIT, che ha realizzato la prima batteria commestibile ricaricabile, citata tra le Best Inventions of 2023 della rivista Time, presentata come tecnologia in grado di cambiare il modo in cui viviamo.
La batteria commestibile italiana
Per mettere a punto la batteria, sono stati impiegati sostanze naturali: la riboflavina (vitamina B2, presente ad esempio nelle mandorle) come anodo, per il catodo la quercetina, flavonoide presente nelle mele, per esempio.
Il carbone attivo (un diffuso farmaco da banco) è stato utilizzato per aumentare il flusso (la corrente) di elettroni, mentre l’elettrolita (il liquido che serve per condurre l’elettricità generata) era a base d’acqua. Infine il separatore, necessario in ogni batteria per evitare cortocircuiti, è costituito da alghe nori, quelle che si trovano nel sushi. Gli elettrodi sono incapsulati in cera d’api da cui fuoriescono due contatti in oro alimentare (la pellicola usata dai pasticceri per le decorazioni) su un supporto derivato dalla cellulosa.
La batteria funziona a 0,65 Volt, una tensione sufficientemente bassa da non creare problemi al corpo umano, se ingerita, e può fornire una (debolissima) corrente di 48 microampere (milionesimi di ampere) per 12 minuti, o di pochi microampere per più di un’ora, sufficiente, comunque, per alimentare piccoli dispositivi elettronici, come LED a bassa potenza.
Questa batteria commestibile e ricaricabile, la prima del suo genere, apre le porte – sostiene l’IIT – a nuove applicazioni nell’elettronica commestibile, un settore in rapida crescita. Secondo i ricercatori, oltre al monitoraggio della salute e delle condizioni di conservazione degli alimenti, queste batterie potranno essere impiegate in futuro, visto il buon grado di sicurezza, anche per alcuni tipi di giocattoli destinati ai bambini (soprattutto per quelli a più alto rischio di ingestione).
Questa particolarissima batteria, descritta in un articolo pubblicato sulla rivista scientifica Advanced Materials, potrà essere utilizzata, secondo gli studiosi, per la diagnosi e il trattamento di alcune malattie del tratto gastrointestinale (all’interno di mini-dispositivi che poi verranno digeriti), ma anche per il monitoraggio della qualità degli alimenti
Robot edibili: un’idea firmata da IIT
La batteria è pensata come potenziale componente di futuri robot edibili, una promettente branca dell’elettronica commestibile.
Sul tema è stato avviato un progetto che ha una forte matrice italiana, considerando gli autori coinvolti: Dario Floreano, direttore del Laboratorio di sistemi intelligenti dell’EPFL è primo autore dell’articolo, nonché coordinatore di RoboFood, progetto quadriennale che si concluderà nel 2025.
L’obiettivo è studiare quali ingredienti commestibili possono essere utilizzati per realizzare componenti e assemblarli in robot da mangiare. Del team di ricerca fa parte il già citato Caironi, insieme a Remko Boom dell’Università olandese di Wageningen, e a Jonathan Rossiter, dell’Università inglese di Bristol.
Una delle sfide più ambiziose è, come hanno spiegato gli autori nell’articolo “Towards edible robots and robotic food”, pubblicato su Nature Review Materials: «mettere insieme le parti che utilizzano l’elettricità per funzionare, come batterie e sensori, con quelle che utilizzano fluidi e pressione per muoversi, come gli attuatori»
Come saranno utilizzati
Sono diverse le finalità per cui si vogliono creare robot commestibili: potrebbero nascere come cibi salvavita in situazioni di emergenza, ma potrebbero anche facilitare la deglutizione nei pazienti con disturbi neurologici. Inoltre, potrebbero creare interazioni oggi impensabili con esseri umani e animali per raggiungere obiettivi dietetici o per influenzare le abitudini alimentari.
Il progetto USA
Nel frattempo, negli Stati Uniti, la startup Endiatx (varata nel 2019) ha realizzato una capsula robotica ingeribile motorizzata, denominata PillBot, dotata di telecamere, sensori e capacità di comunicazione wireless, che consente ai medici di esaminare il tratto gastrointestinale con una precisione molto elevata. La capsula ambisce ad essere una soluzione alternativa all’endoscopia tradizionale, consentendo ai medici di svolgere la visita endoscopica all’interno dello stomaco in telemedicina.
PillBot utilizza propulsori a pompa (simile a quelli impiegati nella nautica) per muoversi come un drone. Il medico, da remoto, la guida nello stomaco del paziente utilizzando un’app. Una volta terminata la sua azione, si spegne e viene espulsa 6-24 ore dopo.
L’attuale prototipo misura 13 x 30 mm e oggi è in grado di trasmettere video ad alta risoluzione a 2,3 megapixel al secondo. L’obiettivo è ottenere l’approvazione della Food and Drug Administration e di prevederne il lancio commerciale negli Stati Uniti entro il 2026.