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Gaming e Cultura: un legame possibile per Fabio Viola

Gaming e cultura con Fabio Viola

Il gaming come ponte tra cultura e intrattenimento: L’innovazione di Fabio Viola

Esplorando il connubio tra Gaming e Cultura attraverso gli occhi di un visionario.

 

Il gaming sta cambiando il modo in cui facciamo esperienza del mondo. Tutto può essere gamificato: un controllo medico, la sessione di allenamento giornaliera, una lezione universitaria e persino una visita ad un museo. Gamificare un’esperienza culturale è possibile: parola di Fabio Viola.

Quest’anno, in occasione dell’undicesima edizione del festival dell’innovazione Maker Faire Rome, Fabio Viola sarà ospite dell’Opening Conference, un’opportunità imperdibile per esperti del settore ed appassionati per incontrare una delle più celebri personalità nel mondo del gaming. 

In questa illuminante intervista, scopriremo il punto di vista di uno tra i 50 migliori game designer a livello internazionale che sta dedicando parte del suo lavoro e delle sue ricerche allo sviluppo di soluzioni sempre nuove per il settore culturale, supportando l’attività di musei e città.

 

Musei e Gamification

I musei, luoghi della cultura per eccellenza, hanno vissuto degli importanti momenti di difficoltà a causa della pandemia. Questo ha spinto molti operatori culturali a trovare strade nuove per rimanere in contatto con le persone.

È all’interno di questo contesto che il gaming, universo lontano a quello museale, si è rivelato un linguaggio efficace e uno strumento in grado di supportare la ripresa del settore.

Il mondo del gaming è riuscito, infatti, attraverso i suoi strumenti e nuovi linguaggi, a trarre nuovo valore dagli ambienti della cultura progettando prodotti edutainment, in grado cioè di educare divertendo. Tutto questo è possibile grazie alla diffusione di tecnologie che rendono più accessibile, ad esempio, un’esperienza di gioco o la fruizione di contenuti in modo nuovo.

Uno dei più validi prodotti della fusione tra tecnologie e linguaggi del gaming e patrimonio culturale sono, ad esempio, i serious game, perfetti per incrementare l’engagement e diversificare l’offerta rispetto ai competitor.

 

Fabio Viola e il mondo culturale

Fabio Viola è uno dei più importanti esempi italiani di come il gaming possa fondersi con la cultura. Egli stesso racconta di avere, da quando ha memoria, due grandi passioni: i videogame e la storia. Queste, trovando un punto di incontro ad un certo punto della sua carriera, lo hanno portato allo sviluppo di progetti molto interessanti dei quali ci parla lui stesso:

I puntini della vita si sono riuniti nel 2016, la parte legata al videogioco e quella legata alla storia, perché, per casi anche un po’ fortuiti della vita, ho partecipato ad un bando ed è grazie a questo che nasce un collettivo che esiste anche oggi dal nome TUOMUSEO. Siamo in 25 e ha la particolarità di avere al suo interno archeologi, storici dell’arte ma anche programmatori, designer, musicisti. È, quindi, la convergenza di due mondi che di solito non lavorano insieme. Abbiamo iniziato a sviluppare una serie di progetti, adesso ne elenco tre diversi tra di loro ma credo abbastanza indicativi.

 

1)    Il primo a cui siamo legati perché ci ha portato poi in dote tutto il resto si chiama Father & Son, padre e figlio. È un videogioco scaricabile gratuitamente sugli store Apple e Google, finanziato dal Museo Archeologico Nazionale di Napoli. Siamo nell’aprile 2017 e questo gioco, in maniera anche inaspettata ovviamente, ha superato oggi i 5 milioni di download. Cosa vuol dire? Un gioco a bassissimo budget, che nasceva con una finalità completamente culturale, è diventato in realtà uno dei videogiochi italiani più scaricati di sempre anche in comparazione con quelli puramente commerciali, con obiettivi di pubblico e di budget molto diversi. Qual è stata credo la particolarità di quel progetto? Fino ad allora c’erano già state delle intersezioni tra gioco e mondo culturale, ma in questo caso, il giocatore non si accorge di star scaricando un videogioco del museo. Dal titolo del gioco, alla descrizione sullo store, al publisher siamo figurati noi e non il museo, difatti non si intuisce che stai giocando un prodotto didattico.  La storia è quella di un padre che, sul punto di morte, manda una lettera al figlio chiedendo scusa e invitandolo a visitare Napoli ed iniziare un viaggio, interiore oltre che geografico, affinché non ripetesse gli stessi sbagli che lui come genitore ha commesso. In realtà, poi, è un viaggio temporale tra varie epoche ed il museo è solo una minima parte che si incontra durante il gioco. Ci sono solo tre opere d’arte in tutto il gioco, questo potrebbe far storcere il naso ad un purista o ad un direttore, ma era proprio questo l’obiettivo: trasferire ed incuriosire. Che cosa accadeva poi nel gioco? Faccio un esempio: potevi giocarlo stando seduto sul tuo divano in India – il gioco è disponibile in 12 lingue – ma solo recandoti fisicamente all’interno del museo, l’app, tramite geolocalizzazione, riconosce che sei li e ti sblocca dei contenuti aggiuntivi all’interno del gioco. Abbiamo avuto oltre 90.000 persone, quasi tutte dall’estero, che sono arrivate a Napoli, si sono geolocalizzate e, paradossalmente, hanno scoperto il museo per il tramite di un videogioco. 

 

2)   Il secondo, diverso per scala, è stato Play Alghero. La città di Alghero ha chiesto di infrastrutturare ludicamente la città per far scoprire ai turisti la cultura per il tramite installazioni fisiche e digitali di gioco.  Quindi che cosa succede? Che dallo scorso anno, chi da luglio del 2022 si reca Alghero, trova una serie di giochi ad accesso gratuito che permettono di restare più tempo sul territorio e visitare luoghi che solitamente non visiti. Ad esempio, tra i giochi c’è un album di figurine che riguarda Alghero, fisiche e tradizionali, ma qual è la particolarità? Che per sbloccare ed ottenere le figurine, devi recarti in tutti i musei o luoghi culturali della città. Ogni volta che ti rechi, ricevi una bustina, quindi l’unico modo completare l’album è entrare in tutti i luoghi. Un pretesto ludico per portare persone a visitare siti della città e attrarre il cosiddetto turismo videoludico. 

 

3)   Terzo progetto, un po’ diverso ma sempre in quest’ambito, è stato l’organizzazione di una grande mostra sul rapporto tra arte e videogiochi che ho curato lo scorso anno alla Reggia di Venaria Reale. Siamo vicino a Torino, in un luogo tradizionale che non di solito non avrebbe mai ospitato questa tipologia di mostra che però si è aperto al tema. Abbiamo creato un cortocircuito: sulla stessa parete dove si trovavano opere originali di De Chirico, Kandinsky, Hokusai e Piranesi c’erano, ad un centimetro di distanza, dei frame presi dai videogiochi con i quali dialogavano, creando un cortocircuito tra temporalità e arte diciamo così universalmente ancora accettata e l’arte dei videogiochi. 

 

Un rapporto possibile, dunque, del quale Fabio Viola ci da un grande esempio con tutto il suo lavoro insieme al collettivo TuoMuseo. Al fine di indagare maggiormente su questo fenomeno, però, è lecito chiedersi se esistono dei limiti possibili da tenere presenti se si vuole educare e fare cultura con il gaming:

 

“L’unico limite che ho percepito sul campo è riuscire a trovare un bilanciamento tra la componente culturale e la componente di coinvolgimento. Tutto il successo dei progetti si gioca – e qui non c’è purtroppo una formula matematica – sul trovare un rapporto paritario tra ciò che vorrebbe il curatore di un museo che tendenzialmente sarebbe avere tutte le opere, tutte le descrizioni e tutti i pannelli di sala nel videogioco e persone come me che invece sentono come necessità primaria quella di coinvolgere i pubblici. Credo quindi che la difficoltà sia mediare queste due esigenze, entrambe legittime ci mancherebbe, trovando un linguaggio comune tra due mondi che non sono abituati a parlarsi. La sfida sarà proprio quella iniziare a formare delle persone ibride che abbiano dei background da archeologi, da storici dell’arte, da storici ma anche competenze sui nuovi linguaggi narrativi (e non solo i videogiochi).”

 

Vuoi diventare un game designer?

Oggi scegliere di essere un game designer significa aprire la propria carriera ad una serie infinita di possibilità. Nonostante ciò, però, è bene essere consapevoli delle sfide da superare. Secondo il parere di Fabio Viola, queste sono due: la saturazione del mercato e la necessaria ibridazione dei linguaggi per raccontare in modo nuovo.

 

“Credo che oggi ci sono delle sfide legate ad un mercato che ormai inizia a essere maturo. Un conto era creare giochi negli anni 70, 80 o 90, quando c’erano ovviamente delle rigidità maggiori ma anche un numero di prodotti rilasciati ogni anno infinitamente inferiore, rispetto ad oggi, in cui è diventato tutto più semplice a livello di programmazione, di distribuzione – perché non devi più parlare con qualcuno che ti pubblica il gioco ma te lo auto pubblichi – e questo ormai accade da un bel po’. Quindi, ora, diventa molto più centrale trovare delle strade nuove, delle ibridazioni nuove, trovare dei modi nuovi per raccontare ciò che vuoi, sperimentando nuovi stilemi, nuove grammatiche visive, nuove meccaniche di gioco. In questo, a volte, le nuove tecnologie aiutano perché anche nei videogiochi, ogni due o tre anni, abbiamo delle nuove opportunità – che a volte si rivelano dei fuochi di paglia, come la realtà virtuale, una tecnologia ancora non funzionale per accessibilità, costi ed incapacità di utilizzo -L’intelligenza artificiale, ad esempio, sta cambiando e ci sta dando l’opportunità di creare esperienze sempre nuove e non solo nei videogiochi. Quindi, questo è il plus: avere a supporto tecnologie all’avanguardia.  L’aspetto sfidante è doversi differenziare, perché la pletora di produzioni sul mercato è enorme e quando non si hanno dei budget o dei brand significativi alle spalle, bisogna fare molta più esplorazione, molta più intersezione di generi e questa è certamente una bella sfida.”

 

Qualche consiglio per rendere un videogame davvero coinvolgente in futuro?

“Quello che consiglio di fare è ibridarsi con tutti gli altri linguaggi. Un esempio di una delle cose che da sempre vorrei realizzare poi ancora non si è mai trovata l’occasione, ma perché non si provano a creare delle produzioni miste tra teatro e videogiochi? In cui l’esperienza inizia in carne ed ossa con gli attori e poi continua una volta diciamo usciti dalla sala, dal teatro in ambito digitale. Estendere quindi le esperienze prendendo il meglio, per esempio, di ciascun linguaggio – perché riconosco che il cinema e il teatro hanno il vantaggio della fisicità, noi stiamo cercando di calmarla con l’iperrealismo assumendo degli attori reali che prestano i loro volti entro nei videogiochi però ci manca ma ovviamente la componente fisica- mentre al teatro mancano tutta una serie altre cose. Ecco, intersezioni come queste, con stilemi studiati dalla storia dell’arte e quindi prendere degli stili artistici noti, molto emblematici e per farli proprio all’interno di un videogioco, cioè provare quindi ad allargare anche il range di competenza del dello stesso game designer, avvicinandolo alla conoscenza di tutti gli altri linguaggi che sono venuti prima perché credo che lì si possa invece trovare davvero spazio per migliorare le performance di gioco e di design.”

  

Non perdere l’occasione di incontrare Fabio Viola all’Opening Conference di Maker Faire Rome 2023.
Per qualsiasi informazione, visita il sito
www.makerfairerome.eu . Ti aspettiamo alla Fiera di Roma, dal 20 al 22 Ottobre.


 

Maker Faire Rome – The European Edition, promossa dalla Camera di Commercio di Roma, si impegna fin dalla sua prima edizione a rendere l’innovazione accessibile e fruibile, offrendo contenuti e informazioni in un blog sempre aggiornato e ricco di opportunità per curiosi, maker, PMI e aziende che vogliono arricchire le proprie conoscenze ed espandere la propria attività, in Italia e all’estero.

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