iit Due team dell’Istituto italiano di Tecnologia affronteranno rivali da USA, Giappone, Corea del Sud e dal resto d’Europa In palio ben 10 milioni di dollari
IIT è una conoscenza ormai decennale di Maker Faire Rome e non si stupisce del prestigioso risultato
La Sfida
Il robot si muove in un ambiente che non conosce e non gli è familiare, deve orientarsi, capire che cosa lo circonda, individuare gli utensili e utilizzarli. Alcuni non può guardarli, ma deve riconoscerli al tatto, capendo che cosa sono e a che cosa servono dalla forma e dal materiale con cui sono costruiti: “Questa sarà una delle prove più difficili, perché serve grande sensibilità”, ci ha spiegato Manuel Catalano, ricercatore del laboratorio Soft Robotics for Human Cooperation and Rehabilitation dell’IIT di Genova. Catalano è il responsabile del team AlterEgo, uno dei due robot italiani (l’altro è iCub) che a inizio novembre parteciperanno negli Stati Uniti all’ANA Avatar XPrize, una competizione per robot umanoidi teleoperati che si svolge a Los Angeles, in California, e che mette in palio un premio finale di 10 milioni di dollari. AlterEgo e iCub sono le uniche due macchine italiane chiamate a partecipare, in un gruppo di 17 squadre provenienti dagli USA (5 team), oltre che da Corea del Sud, Giappone (2 team ciascuno), Messico, Singapore, Regno Unito, Germania, Francia e Olanda (ciascun Paese con un team).ù
Come funziona la sfida
La parola “teleoperati” fa capire che i robot non si muoveranno da soli ma saranno guidati a distanza, ma questo non rende le cose più semplici: innanzi tutto, dovranno comunque essere in grado di stare in piedi da soli (cosa tutt’altro che facile), e poi non saranno comandati da chi li ha sviluppati ma dai giurati dell’Avatar XPrize. +I team in gara affronteranno 10 diversi compiti all’interno di un percorso di circa 45 metri di lunghezza, diviso in 3 aree principali: “In alcune, l’operatore non vedrà fisicamente il robot, ma dovrà guidarlo e muoversi nello spazio affidandosi solo al visore VR che indosserà”, ci ha spiegato Catalano. Cui abbiamo chiesto come si svolgeranno le prove, a grandi linee: “Nella prima fase, il robot dovrà orientarsi, camminare e stare in piedi senza sostegno, trovare una leva, applicare la forza necessaria per azionarla e aprire una porta; nella seconda sarà necessario usare oggetti e strumenti, con l’operatore che attraverso il robot dovrà riconoscerne massa e dimensioni, anche ordinandole in base al peso; nella fase conclusiva si dovrà usare un trapano per praticare fori e riconoscere alcuni oggetti, diversi per forma, colore e materiale, senza poterli guardare ma solo usando il tatto”.
A che cosa serve l’Avatar XPrize?
Secondo quanto spiegato dagli organizzatori, questo concorso ha lo scopo di “contribuire allo sviluppo di un sistema robotico avatar in grado di trasportare le capacità sensoriali, le azioni e la presenza di un essere umano in un altro luogo in tempo reale”: è nato a marzo 2018, e quella di Los Angeles è la fase finale e il risultato di altre gare eliminatorie che si sono svolte durante l’anno.
Nelle intenzioni, il team vincitore sarà quello in grado di integrare meglio le varie tecnologie usate per creare un sistema robotico di avatar fisico con il quale l’operatore possa vedere, sentire e interagire con un ambiente da remoto, avendo la sensazione di essere realmente presente per portare a compimento vari compiti. Come detto, IIT partecipa con due diversi robot, cosa che già da sola è comprensibilmente motivo di grande orgoglio: “La partecipazione a questa sfida internazionale evidenzia che il nostro istituto è in grado di generare soluzioni tecnologiche innovative e di alta qualità”, ha detto Giorgio Metta, il suo direttore scientifico, ricordando che “queste tecnologie contribuiranno certamente a plasmare il futuro del lavoro in diverse aziende e industrie” e che “i sistemi avatar saranno cruciali per migliorare l’assistenza sanitaria, il disaster recovery e la produttività”.
Le differenze fra iCub e AlterEgo
IIT partecipa con due diversi robot, ma diversi quanto? Catalano ci ha spiegato che “sono pensati per affrontare problematiche differenti e terreni differenti”, come si capisce anche solo guardandoli (foto sotto): iCub (ormai arrivato alla versione 3) si basa sulla locomozione bipede, mentre AlterEgo si sposta su ruote e ha la parte inferiore che assomiglia a un Segway. Un’altra differenza riguarda i sistemi di manipolazione, perché “iCub riproduce la mano umana, mentre AlterEgo, pur avendo lo stesso numero di falangi, è più semplificato”.
In qualche modo, e nelle parole di Catalano, “iCub guarda al futuro, è un specie di laboratorio mobile, mentre AlterEgo è studiato e fatto per essere accessibile nel corto periodo e dunque più pronto per operare nel mondo”.
Quand’è che i robot faranno da soli?
Talmente “nel corto periodo” che non è difficile immaginare, in un futuro abbastanza prossimo, una competizione in cui le macchine si sfideranno da sole, senza bisogno di intervento umano. Anche se il fatto che questo intervento ci sia non ne sminuisce le capacità: “Sono teleguidati, ma non sono manichini – ci ha ricordato Catalano – Alla base di tutto c’è un’intelligenza artificiale mischiata con l’intelligenza umana, ci sono capacità che la macchina ha di suo, come vedere gli oggetti e riconoscerli, decidere quale azione fare, tenersi in piedi, unite alle competenze messe in campo dalle persone”. È una sorta di “simbiosi fra i due mondi, con IA e intelligenza umana che lavorano affiancate: l’uomo insegna al robot, che apprende mentre viene guidato e potrà poi fare da solo”. L’esempio classico è quello di “un lavoratore, un operaio, un tecnico che ha la competenza per fare qualcosa, la fa attraverso un robot, il robot impara a farla e poi potrà agire in autonomia”.
Va bene, ma quando succederà per davvero? “Negli ultimi 10 anni, i robot sono decisamente entrati nelle nostre vite, dai droni a quelli che fanno pulizie – ci ha ricordato Catalano – Ed entro i prossimi 5-10 anni (intorno al 2030, ndr) avremo davvero robot come AlterEgo che ci aiuteranno nelle fabbriche e negli ospedali”.
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