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Un innovativo tipo di cemento arricchito da endospore potrebbe costituire un punto di svolta nelle costruzioni

Un team di ricercatori dell’Università di Drexel, Pennsylvania, ha sviluppato un cemento che si auto-ripara, arricchito dalle BioFiber che usano batteri per rattoppare le crepe che si formano nel materiale.

 

l cemento è il secondo materiale più consumato sulla Terra, subito dopo l’acqua. Una realtà che ci pone davanti tristi interrogativi, anche legati alle enormi emissioni di carbonio legate al suo processo di produzione.

Un aspetto critico del cemento è la sua durata. In alcuni ambienti, comincia a indebolirsi e a degradarsi già dopo circa 50 anni dalla posa. Ritardare questo processo di degradazione può essere una strategia efficace per ottimizzare l’uso del materiale. Il cemento infatti, pur essendo un ottimo materiale da costruzione, è molto sensibile al deterioramento dovuto all’esposizione continua agli eventi atmosferici. Una volta che attraverso le crepe l’umidità penetra al suo interno, si attiva una serie di processi di corrosione che ne minimano le ottime capacità strutturali. Per questo le strutture in cemento hanno bisogno di costanti lavori di manutenzione, che incidono anche sull’impronta ambientale di questo materiale, basti pensare a tanti famosi edifici brutalisti.

Da anni, gli scienziati cercano soluzioni verdi e sostenibili per migliorare questo materiale millenario.

“Sangue” batterico che ripara le crepe 

Maggior durata, minore impatto

Il cuore di questa rivoluzione è il “BioFiber”, un polimero rivestito di un idrogel infuso di batteri, racchiuso in una custodia reattiva di soli 0,5 millimetri. Quando il cemento si crepa, i BioFibers si rompono, lasciando entrare l’acqua e attivando i batteri Lysinibacillus sphaericus, che iniziano a produrre carbonato di calcio, riempiendo e “guarendo” le crepe.

Le BioFiber sono fibre che agiscono non solo come rinforzo fisico, ma anche come dispositivo auto-riparante. Queste fibre, infatti, sono rivestite con uno strato di idrogel che contiene endospore, forme dormienti di batteri in grado di resistere anche in ambienti estremi, per poi risvegliarsi quando le condizioni diventano più favorevoli. Lo strato di idrogel è poi rivestito con un sottile guscio polimerico protettivo. Quando l’acqua penetra nel cemento, l’idrogel del BioFiber si espande, uscendo dal guscio e andando verso la superficie. I batteri addormentati vengono risvegliati e iniziano a nutrirsi di carbonio e calcio provenienti dallo stesso cemento circostante, il loro metabolismo produce carbonato di calcio, a sua volta un materiale cementante che finisce per riempire e quindi riparare la crepa, sembrerebbe anche in solo uno o due giorni.

Un processo ispirato alla pelle umana

L’approccio adottato dai ricercatori si ispira direttamente ai meccanismi di auto-riparazione della pelle umana. “Questi BioFibers imitano questo concetto e utilizzano batteri che creano calce per creare un cemento vivente e auto-riparante”, spiega Amir Farnam, che ha co-guidato il team di ricerca della Drexel University

Nei test recenti, il cemento ha dimostrato di potersi “guarire” entro due giorni. I risultati della ricerca sono stati pubblicati su Construction and Building Materials (testo in inglese).Sebbene siano ancora necessarie ulteriori ricerche per capire e controllare meglio il tempo di riparazione, il potenziale di questi materiali auto-riparanti è enorme e c’è la concreta possibile che possa contribuire a ridurre i costi di manutenzione degli edifici, nonché le emissioni di anidride carbonica legate alla produzione del cemento.

Questo tipo di tecnologie potrebbe trasformare (letteralmente) il modo con cui costruiamo e manteniamo il futuro.

fonti: Rinnovabili.it I Domus

immagine di copertina: Drexel University

autrice: Barbara Marcotulli


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