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L’INTELLIGENZA ARTIFICIALE PUÒ AIUTARE A DECIFRARE UNA LINGUA SCONOSCIUTA DI OLTRE 3.500 ANNI FA

Un gruppo di studiosi dell’Università di Bologna ha utilizzato un sistema di Deep Learning per cercare di decifrare il Cipro Minoico, un’antichissima lingua fino ad oggi ritenuta intraducibile

 

L’Intelligenza Artificiale è ormai presente nella quotidianità di tutti noi, ma capace ogni volta di sorprenderci. Gli ambiti di applicazione sono infiniti: dalla finanza all’assicurazione, dall’industria alla salute, fino ad arrivare all’ambito domestico.

L’Intelligenza Artificiale oggi non è più solo tecnologia, ma una vera e propria disciplina, sia scientifica che ingegneristica, il cui scopo è realizzare macchine pensanti dotate di capacità umane quali ragionamento, apprendimento, pianificazione e creatività.

Un campo complesso che può essere diviso in due macro-filoni, chiamati Weak AI e Strong AI.

Weak AI e Strong AI

La Weak AI, o Intelligenza Artificiale debole, riguarda sistemi che eseguono un singolo compito o una serie di attività strettamente correlate, che non raggiungono le capacità intellettive reali di un essere umano.

La Strong AI si riferisce invece ad una forma più forte di Intelligenza Artificiale, e riguarda sistemi con capacità cognitive non distinguibili da quelle umane. Ed è proprio a questo secondo filone che facciamo riferimento quando parliamo di Deep Learning.

Il progetto dell’Università di Bologna per decifrare lingue sconosciute

Un’applicazione estremamente interessante di Intelligenza Artificiale forte è stata proposta da un gruppo di ricerca dell’Università di Bologna, che ha usato per la prima volta un sistema di Deep Learning per cercare di decifrare una lingua vecchia di 3.500 anni: il Cipro Minoico.

Questa lingua, diffusa nell’Isola di Cipro nella Tarda età del Bronzo, ha sfidato per più di un secolo i traduttori che cercavano di interpretarla, scontrandosi con la carenza di testi (poco più di duecento) e la mancanza di opere bilingue. Fino ad oggi, infatti, gli studiosi non hanno ancora trovato un punto di incontro sul numero dei caratteri dell’alfabeto di questa lingua.

credits: www.magazine.unibo.it

Come spiegato su magazine.unibo.it da Silvia Ferrara, professoressa al Dipartimento di Filologia Classica e Italianistica dell’Università di Bologna nonché coordinatrice del progetto, il principale ostacolo del Cipro Minoico è che ad oggi non ci sono certezze su quali segni siano veri e propri grafemi di questo sistema di scrittura e quali siano invece semplicemente delle varianti dovute a differenze in quella che chiameremmo calligrafia.

Il Deep Learning usato per sviluppare modelli di analisi

Il team di studiosi dell’Università di Bologna ha quindi utilizzato tecniche di apprendimento senza supervisione, in cui il modello sviluppa ipotesi e conclusioni senza conoscenze pregresse sulla lingua e sui segni da analizzare. Questo ha dato vita a un vero e proprio modello ad hoc, chiamato “Sign2Vecd”, addestrato ad analizzare e catalogare non solo i diversi segni del Cipro Minoico, ma anche intere sequenze di segni.

I risultati hanno delineato per ogni segno una rappresentazione vettoriale che può essere visualizzata in tre dimensioni, offrendo agli studiosi la possibilità di individuare eventuali errori nella trascrizione dei segni e relazioni fra essi nel corpus.

Il Deep Learning usato per scoprire le corrispondenze trai i caratteri

Con il sistema Deep Learning è stato anche possibile tracciare delle corrispondenze tra i segni presenti su sopporti come sfere di argilla e oggetti di metallo e quelli presenti sulle tavolette, permettendo di ricostruire quasi il 70% di corrispondenze tra segni che finora erano solo stati ipotizzati come possibili varianti.

Grazie a questo progetto, capace di utilizzare l’Intelligenza Artificiale in modo nuovo e innovativo, si è rafforzata l’ipotesi che la divisione in sottogruppi del Cipro Minoico non sia dovuta all’esistenza di lingue diverse, ma sia legata invece ai diversi supporti utilizzati per incidere i segni.

Non si è ancora arrivati ad una comprensione vera e propria dell’antica scrittura ma possiamo sicuramente affermare che il team dell’Università di Bologna ha compiuto un nuovo e fondamentale passo avanti nella sua interpretazione. E ci auguriamo che sia presto possibile arrivare a decifrare i codici di comunicazione di altre antiche civiltà scomparse e delle quali ancora conosciamo troppo poco. 


 

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