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Istat, cresce l’IA nell’industria italiana: +71% nel 2024

Digitalizzazione delle imprese, i dati Istat: cresce l’adozione delle tecnologie, AI in testa, ma persistono forti divari tra grandi aziende e piccole e medie imprese

 

Cresce l’utilizzo delle tecnologie ICT presso le imprese italiane, che registrano passi in avanti rispetto ad adozione dell’AI, grado di digitalizzazione e fatturato proveniente da vendite online: a rivelarlo è il report dell’Istat “Imprese ICT 2024” che restituisce la fotografia del livello di digitalizzazione di grandi imprese e PMI italiane.

La ricerca relativa al 2024 (consultabile qui > https://www.istat.it/)  evidenzia come cresce l’utilizzo dell’Intelligenza artificiale nell’industria italiana. In termini assoluti, rispetto al 2023, il numero di imprese che utilizzano almeno una delle tecnologie aumenta del 71%, facendo registrare la variazione massima per la Ia generativa (+163,5%) e quella minima per la Ia utile alla movimentazione delle macchine (+3,7%). Un aumento che però ancora non colma la distanza con la media Ue che è al 13,5%.

Il forte divario tra PMI e grandi imprese

Nell’utilizzo dell’Intelligenza Artificiale fanno un passo avanti significativo le imprese con 50-99 addetti che si attestano al 14% (era 5,6% nel 2023). Cresce anche la quota delle grandi imprese, ora al 32,5% dal 24,1% del 2023. Faticano ancora invece le imprese con numero di dipendenti inferiore.

Tra le imprese che utilizzano l’AI, le tecnologie più comuni riguardano:

  • l’estrazione di conoscenza e informazione da documenti di testo (54,5%)
  • l’AI generativa di linguaggio scritto o parlato (45,3%)
  • la conversione della lingua parlata in formati leggibili da dispostivi informatici attraverso tecnologie di riconoscimento vocale (39,9%)
  • l’automatizzazione dei flussi di lavoro (28,1%)
  • il movimento fisico delle macchine (10,4%)
  • il riconoscimento delle immagini (25,4%)

Gli ambiti aziendali in cui vengono più spesso adottati sistemi di intelligenza artificiale sono sempre più concentrati su marketing e vendite (35,7%), organizzazione dei processi amministrativi aziendali (28,2%) e attività innovative e di ricerca e sviluppo (24,6%). Rispetto al 2023 rappresentano anche gli ambiti nei quali si registra il maggior aumento di imprese (rispettivamente +84,5%, +142,5% e +98,7%).

Quelle con le aziende più piccole sono differenze legate alla complessità organizzativa, per esempio l’utilizzo di strumenti utili per effettuare riunioni a distanza (47,3% per le PMI e 96,3% per le grandi imprese) e all’adozione di documenti connessi alla sicurezza ICT (35,0% e 83,6%). Seguono la formazione degli addetti sulla sicurezza informatica e l’adozione di tecnologie di Intelligenza Artificiale (AI) che evidenziano distanze di circa 25 punti percentuali tra PMI e grandi imprese.

Nel 2024 il 70,2% di imprese con 10-249 addetti si colloca però comunque a un livello base di digitalizzazione (adozione di almeno quattro attività digitali su 12) e poco più di un quarto si colloca a livelli definiti almeno alti dell’indicatore (26,2%). Al contrario, il 97,8% delle imprese con almeno 250 addetti raggiunge un livello almeno base di digitalizzazione e l’83,1% anche quello almeno alto. Il livello base di digitalizzazione coinvolge l’87,5% degli addetti delle imprese con almeno 10 addetti.

Nelle aziende con numero di addetti uguale o inferiore a 10 addetti che utilizza la banda larga fissa con velocità almeno pari a 30 Mbit/s: 82,8% nel 2022, 84,8% nel 2023 e 88,8% nel 2024. Sono tuttavia ancora distanti le quote per connettività ad almeno 1 Giga tra le suddette imprese (18,1%) e quelle con almeno 250 addetti (35,9%). Nove imprese su 10 dichiarano che la velocità della connessione fissa a Internet utilizzata è sufficiente per le effettive esigenze dell’azienda (sotto la media le imprese del Sud e delle Isole con l’86,7%).

E  passa dal 73,2% del 2022 al 76,9% la quota di imprese con almeno 10 addetti i cui addetti accedono da remoto a posta, documenti o software aziendali.

Anche la geografia ha il suo peso

Tra le imprese che meglio hanno performato rispetto agli indicatori, per il 63% sono localizzate nel nord del Paese, un quarto in Lombardia e il 13% in Veneto. Quote rilevanti anche per Lazio ed Emilia-Romagna (circa 9,5%), e per Campania, Piemonte e Toscana (tra l’8% e il 6%).

Gli investimenti nel prossimo biennio

Osservando le imprese per tipologia di investimenti digitali già effettuati o programmati per il biennio futuro emerge che la maggioranza delle imprese con almeno 10 addetti ha già investito da 1 a 4 ambiti digitali nel periodo 2021-2024 (52,6%) e circa il 38% intende farlo nel biennio 2025-2026.

Per quanto riguarda le grandi imprese, circa la metà dichiara di aver investito tra le 4 e le 7 aree nel periodo passato (51,9%) e tra le 6 e le 9 aree in quello futuro (50,3%).

Tra le aree di investimento digitale si distinguono:

  • la sicurezza informatica, con il 47,2% delle imprese dichiara di aver investito nel periodo 2021-2024 e il 53,8% di avere programmato di investirvi per il periodo 2025-2026
  • i social media (rispettivamente 40,5% e 41,8%)
  • la formazione informatica (25,9% e 44,3%)
  • il cloud computing (25,6% e 29,3%)

Per quanto riguarda gli investimenti in beni e servizi legati alla formazione informatica e all’intelligenza artificiale la maggiore differenza è a favore della quota di imprese che programmano di investire in queste due aree rispetto al periodo passato, rispettivamente circa +18% e +15%.

Inoltre, tra le imprese che hanno dichiarato di utilizzare AI nel 2024, il 70,3% dichiara di voler investire in questo ambito nel biennio 2025-2026 mentre tale quota scende al 15,0% di quelle che hanno dichiarato di non utilizzare l’AI.

Seppure gli investimenti nel digitale hanno una diffusione maggiore tra le imprese con almeno 250 addetti, anche tra le imprese di minore dimensione (10-49 addetti) emerge consapevolezza della necessità di rafforzare le competenze informatiche. Cresce infatti la quota anche delle imprese più piccole che programmano investimenti in questa area nel biennio futuro (40,5%) rispetto al periodo passato (22,3%).

Vanno forte le vendite online

In generale, il 20,4% (19,1% nel 2023) delle imprese con almeno 10 addetti ha effettuato vendite online fatturando il 16,9% (17,7% nel 2023) del fatturato totale (19,1% a livello Ue27).

Passa dal 13,0% del 2023 al 14,7% la quota di PMI che ha effettuato nel corso dell’anno precedente vendite online per almeno l’1% del fatturato totale – percentuale ancora lontana rispetto al 20,1% della media UE –, mentre aumenta dal 18,5% al 19,9% la quota di PMI attive nell’e-commerce che hanno realizzato online il 14,0% dei ricavi totali (in calo rispetto al 15,5% del 2023).

In termini di composizione, il valore totale delle vendite online si realizza per il 22,6% nel settore energetico, per il 33,2% nel settore manifatturiero (10,5% nel comparto autoveicoli) e per il 43,0% nei servizi (27,7% nel comparto del commercio).

Le performance migliori si confermano quelle di imprese appartenenti al commercio (28,4%), all’ospitalità (14,4%%) e alla ristorazione (8,9%).

Tra le imprese italiane con almeno 10 addetti che vendono via web, il 78,8% utilizza canali e siti web propri o del gruppo di appartenenza mentre il 60,4% (45,3% in Ue27) si affida a piattaforme online.

L’Italia figura ancora tra i primi Paesi per utilizzo di intermediari per le vendite via web dopo Lituania, Polonia, Grecia e Cipro. Le imprese che vendono via web si rivolgono nell’84,3% ai consumatori come clienti finali e nel 64,4% ad altre imprese.

Vola anche l’export

Il commercio effettuato attraverso canali web con clienti collocati all’estero coinvolge il 51,2% delle imprese che vendono via web (44,2% in UE 27). Tra queste spiccano il settore tessile (80,3% di imprese), la fabbricazione di mezzi di trasporto (92,4%) e il settore ricettivo (96,1%).

Aumenta negli ultimi anni anche la quota di PMI che vende via web a clientela localizzata in altri Paesi (Ue e Resto del Mondo)

Le dimensioni contano

La quota di imprese che vendono online, via web o utilizzando altri sistemi per lo scambio elettronico di dati sugli ordinativi (EDI), aumenta con la dimensione aziendale: dal 19,1% delle imprese con 10-49 addetti al 49,0% delle imprese più grandi (Figura 3).

In termini dimensionali, il 55,0% del valore online proviene da vendite delle imprese di maggiori dimensioni e il 45,0% dalle PMI. I territori più attivi sono il Nord-ovest e il Centro (rispettivamente 41,5% e 36,0% delle vendite online).

Il tema della cybersecurity

Per quanto riguarda le misure di cyber security adottate, il 75,9% (74,4% nel 2022) delle imprese italiane con almeno 10 addetti utilizza almeno tre misure di sicurezza informatica, in linea con la media europea (76,5%).

Si conferma l’importanza della sicurezza informatica anche tra le imprese di minore dimensione in particolare per l’elevata diffusione di misure di sicurezza meno sofisticate, come l’autenticazione con password forte (86,6%, 83,9% nel 2022) e il back-up dei dati (79,5%, 80,0% nel 2022).

Come nel 2022 sono più basse le quote di imprese che adottano misure di sicurezza avanzate, necessarie, ad esempio, all’analisi degli incidenti di sicurezza come la conservazione dei file di registro (44,7%, 44,6% nel 2022) o preventive come le pratiche di valutazione del rischio (36,9%, era 35,3%) e l’esecuzione periodica di test di sicurezza dei sistemi (31,8%).

Ancora limitata la diffusione di misure più evolute, come l’utilizzo della crittografia per dati, documenti o e-mail (dal 22,4% del 2022 al 23,9%) e di metodi biometrici per l’identificazione e l’autenticazione dell’utente (dall’8,2% al 12,1%).

L’aumento degli accessi alla rete, dell’utilizzo di strumenti informatici anche da remoto e l’uso di AI espongono le imprese ai rischi inerenti possibili attacchi o intrusioni dall’esterno, con conseguente indisponibilità dei servizi, distruzione o corruzione dei dati o divulgazione di dati riservati. Nel 2024, il 15,8% delle imprese con almeno 10 addetti (il 29,9% delle imprese più grandi) ha dichiarato di aver avuto nel corso dell’anno precedente almeno uno di questi problemi.

Il settore più colpito da incidenti di sicurezza è quello delle attività di produzione cinematografica, video, programmi televisivi e registrazioni.  Seguono i servizi delle agenzie di viaggio e tour operator e la fabbricazione di mezzi di trasporto, la fabbricazione di computer e apparecchiature elettriche e le attività editoriali. In coda, si posizionano le imprese della ristorazione (8,9%) e dei servizi di trasporto (9,7%).

Incentivi pubblici e competenza gli elementi chiave per la digitalizzazione

La dimensione di impresa non solo caratterizza la propensione a investire, ma influisce anche sulla capacità di identificare i fattori di digitalizzazione che potrebbero incidere positivamente sulla competitività e sullo sviluppo dell’impresa nel biennio 2025-2026: una impresa su quattro di minore dimensione (26,3%) contro una su quindici di quelle grandi (7,0%) non ritiene che alcun fattore possa incidere positivamente nel periodo considerato.

Come primi tre fattori trainanti, le imprese con almeno 10 addetti hanno scelto

  • le forme di agevolazione e finanziamento pubblico a sostegno della digitalizzazione
  • lo sviluppo o il consolidamento di competenze tecnologiche attraverso la formazione degli addetti già presenti nell’impresa (38,1%; 70,8% nelle grandi
  • le infrastrutture e le connessioni in banda ultra larga (33,4% e 54,8% nelle grandi

A seguire, lo sviluppo di una strategia di digitalizzazione dell’impresa, importante per il 31,4% delle imprese con almeno 10 addetti e per il 61,6% delle imprese di maggiore dimensione e, l’inserimento di nuove competenze tecnologiche attraverso l’assunzione di personale e la capacità di “fare rete” attuando modelli di collaborazione con altre imprese e centri di ricerca per la digitalizzazione.

Nell’ordine di importanza dei sette fattori indicati dalla media delle imprese con almeno 10 addetti, a livello settoriale emergono differenze significative soprattutto nell’inserimento di nuove competenze tecnologiche attraverso l’assunzione di personale, fattore scelto tra i primi quattro dalle imprese attive nella fabbricazione di computer, nei servizi postali e attività di corriere, telecomunicazioni e informatica.
 
fonte: ISTAT
immagine di copertina: Igor Omilaev via Unsplash
autrice: Barbara Marcotulli


 

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