Imprese sostenibili: l’economia circolare 4.0 incrocia le filiere produttive
L’economia circolare 4.0 mira ad utilizzare gli scarti in modo incrociato. L’obiettivo è incentivare la collaborazione tra diverse catene produttive.
Le pratiche di economia circolare sono sempre più diffuse nelle aziende italiane. Il rapporto sull’economia circolare del 2022, elaborato dall’Energy & Strategy della School of Management del Politecnico di Milano, indica che il 57% delle imprese ha adottato almeno una pratica di economia circolare, un aumento considerevole rispetto al 44% del 2021.
Anche il report Seize the Change di EY evidenzia che il 50% delle aziende ha ridotto la produzione di rifiuti attraverso l’economia circolare. Nel frattempo, investimenti strategici e incentivi arrivano dal PNRR, che ha stanziato 2,1 miliardi di euro per il settore del riciclo, di cui 600mila per finanziare 192 progetti “faro” per l’economia circolare.
Lo stato dell’arte secondo il Circular Economy report 2022
L’economia circolare ha fatto risparmiare nel 2021 a sette grandi settori industriali dell’Italia oltre 14,4 miliardi di euro, grazie all’adozione efficace di pratiche manageriali che hanno permesso di utilizzare meno risorse e di estendere il ciclo di vita dei prodotti. Ma si tratta solo del 14% di quanto si potrebbe risparmiare entro il 2030 se la circular economy venisse applicata nella sua totalità: più di 103 miliardi all’anno, cui vanno aggiunte quasi 1,9 milioni di tonnellate di CO2 in meno.
E’ quanto emerge dal Circular Economy Report 2022 dell’Energy&Strategy della School of management del Politecnico di Milano, frutto di un sondaggio tra oltre 200 aziende appartenenti a sette settori produttivi centrali per l’economia italiana: l’automotive, le costruzioni, l’elettronica di consumo, il food&beverage, l’impiantistica industriale, i mobili e l’arredamento e il tessile.
La catena del valore nella circolarità
Tuttavia, quanto di queste iniziative si svolge a valle della filiera, ovvero nella parte finale della catena di valore, e quanto invece coinvolge i processi produttivi e decisionali a monte? È proprio in quest’ultimo modo, infatti, che si crea un ecosistema di simbiosi industriale, in cui stabilimenti di filiere diverse interagiscono per massimizzare il riutilizzo di risorse normalmente considerate rifiuti.
E invece, sebbene il 70% delle aziende abbia avviato iniziative di economia circolare negli ultimi due anni, solo il 7% ha un approccio di ‘simbiosi industriale’.
Economia Circolare ‘avanzata’
Secondo il team di ricercatori dell’Energy & Strategy della School of Management del Politecnico di Milano, l’economia circolare avanzata è quella che riesce a connettere diversi tipi di filiere produttive, ma in Italia siamo ancora agli albori. “Si tende a dire che in Italia si fa tanta economia circolare, quando in effetti i dati molto alti sono soprattutto riferiti alle percentuali di riciclo. Si tratta certamente di un elemento importante, ma l’economia circolare avanzata è quella che riesce a connettere diversi tipi di filiere e su questo aspetto bisogna ancora lavorare molto”, spiegano dal team di ricercatori dell’Energy & Strategy della School of Management del Politecnico di Milano, guidato da Davide Chiaroni.
Vincoli e risorse
Ci sono alcuni vincoli di natura normativa che rendono difficile attuare recuperi di scarti e sottoprodotti che non siano valorizzati energeticamente. Tuttavia, dietro a scarti e sottoprodotti, soprattutto della filiera agroalimentare, ci sono molte risorse che possono essere redistribuite in altre linee produttive come quella tessile, cosmetica, edile e dell’arredo.
Il Circularity Economy Report 2023
Questa economia circolare “avanzata” è fondamentale; per questo, per la prima volta, costituirà uno dei focus del rapporto sull’economia circolare del 2023. Il report individua 31 casi di cooperazione industriale, che coinvolgono complessivamente 83 aziende, sia grandi che piccole e medie imprese, che lavorando in simbiosi sviluppano appieno l’idea questa idea 4.0 di ‘circolarità’ e attivano percorsi virtuosi per l’ambiente e per le stesse industrie di riferimento. Il valore economico, oltre che culturale e ambientale, è reale, misurabile ed estremamente vantaggioso.
La Lombardia: dalla lavorazione dell’acciaio all’agricoltura
Uno dei casi più virtuosi è in Lombardia e coinvolge quattro entità tra pubblico e privato capaci di interconnettersi, scambiare e ridare valore ai reciproci scarti.
Il punto di partenza è l’acqua di raffreddamento che deriva dal processo produttivo dell’acciaio e ha un potere termico intrinseco. Una volta recuperata, viene utilizzata da un’azienda di acquicoltura e dai comuni limitrofi. Dopo essersi raffreddata, è nuovamente impiegata da aziende agroalimentari del territorio. A loro volta, anche i residui dell’acquicoltura vengono utilizzati da altre imprese agricole.
Un bicchiere comunque mezzo pieno
Il bicchiere va visto mezzo pieno. “Sono tante le sfide ancora da affrontare con una più decisa volontà di azione, da quelle normative a quelle industriali, soprattutto legate alla riconversione dei business lineari, eppure pare lecito consentirsi un po’ di ottimismo”, ha commentato all’ANSA Davide Chiaroni, responsabile della ricerca e vicedirettore dell’Energy&Strategy del Politecnico di Milano. Che aggiunge: “non bisogna lasciarsi distrarre dai temi ‘caldi’ né sottovalutare la portata, e il tempo necessario, per questa trasformazione. L’economia circolare infatti è altra cosa rispetto allo sviluppo sostenibile, né si può circoscrivere alle pratiche di riciclo dei materiali e di gestione dei rifiuti”.
fonti: Ansa I Sole24ore I EnergyStrategy.it
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