produrre acqua potabile dall’aria: la sfida, vinta, di un ingegnere spagnolo
Impianti per la produzione di acqua potabile sono già in funzione in Namibia e in un campo profughi libanese
L’idea è semplice, proprio come bere un bicchier d’acqua, ed è di un ingegnere; l’obiettivo, aiutare le popolazioni in difficoltà. Nell’attuale scenario climatico, i cambiamenti radicali stanno costringendo centinaia di milioni di persone a fare i conti con nuove condizioni di vita – decisamente proibitive, specialmente nelle zone più estreme del pianeta.
Il cambio di rotta tarda ad arrivare, nonostante non manchino tentativi istituzionali, come il recentissimo allarme lanciato alla presentazione del Report sul Clima delle Nazioni Unite, pubblicato lo scorso 9 agosto (approfondimenti qui) che, tuttavia, non sono sufficienti alla risoluzione del problema.
La siccità minaccia intere aree del nostro pianeta
I lunghi periodi di siccità sono solamente una delle conseguenze del surriscaldamento globale: li conosciamo ormai anche in Europa – alternati a violenti piogge – e ci fanno ricordare quanto l’acqua sia un bene prezioso e non affatto scontato. Acqua che manca anche in altre aree del mondo.
Non sempre la costruzioni di pozzi può essere la soluzione corretta, o possibile, ed ecco dunque l’idea non nuovissima ma sicuramente molto ambiziosa dell’imprenditore-ingegnere spagnolo Enrique Veiga, che negli ultimi 30 anni ha perfezionato una tecnologia che potrebbe davvero rappresentare la svolta per intere popolazioni.
Il precedente: Warka Water
Warka Water è una torre intrecciata di bambù, nylon e bioplastica che cattura l’umidità nell’aria facendola ricadere in secchi, come acqua. Anche Warka Water sfrutta il principio della condensazione ma prevede che avvenga in modo del tutto naturale, senza l’intervento di elettricità.
Alto 10 metri, pesante 60 kg, ecosostenibile e costruito con materiali ecologici e facilmente reperibili come nylon, giunchi di bambù e bioplastica, Warka Water sfrutta l’escursione termica giorno-notte che in Africa è molto accentuata. La struttura è stata infatti progettata dagli architetti italiani Arturo Vittori e Andreas Vogler in collaborazione con il Centro di Cultura Italiana di Addis Abeba e la EIABC .- Ethiopian Institute of Architecture, Building Construction and City Development, ed installato inizialmente proprio in Etiopia.
La struttura cattura rugiada, nebbia e minuscole particelle di umidità, trasformandole in acqua potabile. Una soluzione dimensionalmente meno capace di generare grandi volumi di acqua, come invece per quella spagnola, ma sicuramente di grande aiuto per piccole comunità, specie nelle aree più remote.
Warka Water era stato presentato alla Biennale di Architettura di Venezia e poi a Maker Faire Rome, edizione 2016.
La nuova tecnologia: Aquaer
Aquaer, il sistema sviluppato dall’ingegner Veiga estrae acqua dall’aria. L’elettricità raffredda l’aria che, a sua volta, si condensa e si trasforma in acqua, sfruttando lo stesso procedimento della condensazione propria gli impianti di condizionamento.
Esistevano già soluzioni affini ma Aquaer ha dalla sua la capacità di sopportare anche alte temperature (funziona fino a 40 °C) e di poter operare anche in un ambiente a basso tasso di umidità (che è sufficiente sia compresa tra il 10 e il 15%). E’ qui il suo valore aggiunto: la possibilità di ottenere acqua anche nelle zone desertiche più secche. E per l’energia elettrica, vi chiederete? E’ possibile ricorrere al sole, installando dei pannelli fotovoltaici.
Obiettivo: uguali opportunità
Bere acqua è un’azione molto semplice che non richiede complicazioni: dobbiamo solo aprire il rubinetto o la bottiglia per poterci idratare. Ma abbiamo mai pensato a come è la procedura per ottenere l’acqua potabile e quanto tempo e lavoro richiede in paesi meno fortunati? Noi possiamo bere acqua senza sforzo ma non è affatto cosi in molte aree del mondo, meno sviluppate anche a causa della scarsità di risorse idriche e dei cambiamenti climatici che stanno minacciando quelle esistenti.
Aquaer nasce cosi. “L’obiettivo è raggiungere posti come i campi profughi dove non c’è acqua potabile”, spiega l’82-enne inventore, l’ingegner Veiga, che ha maturato questa idea negli anni ’90 durante un lungo periodo di siccità nella Spagna meridionale.
La soluzione funziona, e viene attualmente impiegata per dare da bere in un campo profughi del Libano e a diverse comunità della Namibia. L’impiego di pannelli solari per la generazione dell’elettricità contribuisce inoltre a ridurre ulteriormente l’impatto sull’ambiente e a rendere possibile l’utilizzo della tecnologia nelle zone più estreme del pianeta.
fonti: 20minutos I Aquaer
foto di copertina: Inge Maria via Unsplash
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