Plastica ovunque, compreso il nostro corpo. Dobbiamo preoccuparcene?
Alcune ricerche mostrano come le microplastiche hanno effetti anche sul corpo umano, anche laddove non immagineremmo. La ricerca continua a investigare.
Mentre in tutto il mondo proliferano i rifiuti plastici, una domanda essenziale non ha ancora trovato risposta: quali danni provocano, eventualmente, alla salute umana?
Alcuni anni fa, quando le microplastiche hanno iniziato ad apparire nell’intestino di pesci e crostacei, i timori si sono concentrati sulla sicurezza dei prodotti ittici. In particolare, destavano preoccupazione i frutti di mare, poiché in quel caso viene consumato l’intero animale, compresi stomaco, microplastiche, ecc.
Agli scienziati era dunque già chiaro che la plastica si scompone continuamente nell’ambiente, disgregandosi nel corso del tempo in fibre più piccole addirittura di un capello umano, particelle così minuscole che vengono facilmente trasportate dall’aria.
La ricerca italiana
Nel marzo scorso, un gruppo di scienziati italiani ha pubblicato uno studio (disponibile a questo link) su persone sottoposte a chirurgia per arterie occluse. Più della metà dei 257 pazienti esaminati aveva microplastiche – minuscole particelle di plastica – nella placca delle loro arterie. Quando i ricercatori hanno seguito i pazienti quasi tre anni dopo, hanno scoperto che quelli con microplastiche avevano significativamente più probabilità di aver subito un ictus, un attacco cardiaco o di essere morti per qualsiasi causa.
Il loro studio è uno dei tentativi più ambiziosi finora per collegare le microplastiche a gravi effetti sulla salute umana. Ma i critici hanno messo in dubbio la sua validità, sostenendo che i campioni degli scienziati potrebbero essere stati contaminati e le loro tecniche non in grado di rilevare la plastica con precisione.
Quanto sappiamo davvero delle microplastiche?
L’episodio evidenzia quanto limitata sia la nostra conoscenza sulle microplastiche. “A volte, da una prospettiva scientifica, non riusciamo a dare le risposte che le persone vogliono”, dice Roel Vermeulen, professore all’Università di Utrecht. “Ma la buona ricerca richiede tempo.”
Il prof. Vermeulen coordina un programma di ricerca dell’UE su microplastiche e nanoplastiche – frammenti rispettivamente inferiori a 5 mm e inferiori a un millesimo di millimetro.
Tali particelle sono diventate onnipresenti, principalmente causate dal degrado di prodotti più grandi di cui dipendiamo – dall’imballaggio alimentare agli abiti. Sono state trovate in organi umani, compresi polmoni e cuore. Un recente studio ha trovato polipropilene e altre plastiche nel bulbo olfattivo del cervello; la respirazione era la via più probabile attraverso cui le plastiche sarebbero arrivate lì, hanno concluso gli autori, con sede in Germania e Brasile.
Gli impatti delle microplastiche sulla salute
Il campo che studia il loro impatto sulla salute, tuttavia, ha meno di dieci anni. Sebbene la maggior parte dei ricercatori accetti che le microplastiche probabilmente influenzeranno la nostra salute, c’è una mancanza di studi di alta qualità e di metodi di ricerca condivisi. Quindi politici, regolatori, aziende e il pubblico stanno prendendo decisioni sull’uso della plastica su una base scientifica relativamente ristretta.
Vermeulen sottolinea due punti chiave:
- la crescente produzione di plastica non è sostenibile dal punto di vista ambientale
- altre forme di inquinamento da particelle – compresi l’inquinamento atmosferico e i prodotti chimici associati alla plastica, come i cosiddetti “forever chemicals” – sono stati collegati a impatti sulla salute.
“Se pensiamo all’inquinamento atmosferico, sappiamo che piccole particelle possono superare le barriere dei polmoni, entrare nel flusso sanguigno e finire in qualsiasi organo del corpo”, dice. “Sappiamo che questo può portare a molte malattie diverse, che vanno dalle malattie cardiovascolari ai tumori.”
Sarebbe logico se anche le particelle di plastica avessero effetti sulla salute. Alcune particelle di inquinamento atmosferico sono di fatto plastiche, generate dall’usura dei pneumatici.
Tuttavia, Stephanie Wright, docente di tossicologia ambientale al Imperial College di Londra, invita alla cautela su alcuni studi che hanno trovato microplastiche nel corpo. Suggerisce che la plastica rilevata potrebbe essere stata introdotta involontariamente durante il processo scientifico. “Il nostro intestino, i nostri polmoni – si sono evoluti per tenere fuori le cose”, dice Wright.
E, mentre l’aumento dei prodotti in plastica negli ultimi decenni ha coinciso con l’aumento di alcune malattie, tra cui la malattia infiammatoria intestinale, ci sono altre possibili spiegazioni per quest’ultima, come lo spostamento verso cibi ultra-processati.
Alla ricerca del legame biologico diretto
Per andare oltre la speculazione, gli scienziati devono identificare legami biologici diretti. In studi di laboratorio, la presenza di microplastiche ha causato infiammazione nelle cellule umane e nei ratti e nei topi. Tuttavia, non sappiamo quanto siano esposte alle microplastiche le persone e, quindi, se le quantità utilizzate negli esperimenti di laboratorio riflettano l’esperienza umana.
“Se non conosci i livelli di esposizione nella popolazione generale, è molto difficile capire cosa significhino quegli studi di laboratorio in termini di salute”, dice Wright. “Credo che siamo esposti alle microplastiche, credo che potrebbero esserci danni, ma non sono certa di aver visto ancora le prove.”
Un’altra difficoltà è che gli studi di laboratorio tendono a utilizzare versioni incontaminate delle plastiche più comuni, come il polietilene. “Non è quello che si trova nell’ambiente, perché si sono degradate e hanno assorbito altri prodotti chimici”, dice Vermeulen.
I prodotti odierni utilizzano migliaia di permutazioni di plastiche e additivi chimici. “Testare tutto questo sarà molto, molto difficile, se non impossibile”, aggiunge Vermeulen.
Il suo team sta esaminando le placente di centinaia di donne incinte per micro e nanoplastiche, poi cercando correlazioni con gli esiti della nascita e lo sviluppo infantile. Lo studio non è previsto essere completato prima del 2026.
Ricerche precedenti hanno mostrato come molti lavoratori in fabbriche di tessuti, che hanno inalato fibre di nylon e altre piccole fibre, abbiano sofferto di malattie polmonari. Il team di Wright sta studiando se l’esposizione alle microplastiche porti a simili cicatrici nei polmoni.
Il ruolo dei consumatori
Alcuni consumatori sono propensi ad agire ora. Sapendo, ad esempio, che micro e nanoplastiche vengono rilasciate – soprattutto quando le plastiche vengono riscaldate – evitano di riscaldare contenitori di plastica e rifiutano sacchetti da tè, tazze o bollitori di plastica.
Tuttavia, la sola azione individuale può avere un impatto limitato: finché verranno rilasciate più plastiche nell’ambiente, continueremo a respirarle e ingerirle con il cibo. E l’ubiquità delle plastiche nelle economie moderne significa che limitarne l’uso non sarà semplice.
Politiche regolatorie
Mentre gli scienziati cercano di comprendere l’impatto della plastica sugli esseri umani, molti vogliono che i regolatori intervengano – adottando un approccio precauzionale. L‘UE ha già vietato alle aziende di aggiungere microplastiche a prodotti come cosmetici, ma questo non risolve il problema più grande delle microplastiche che derivano dalla frammentazione di plastiche più grandi.
Il futuro non è roseo
La produzione globale di plastica è prevista raddoppiare entro il 2050, creando significative emissioni di gas serra e, in ultima analisi, rifiuti che danneggeranno ecosistemi e fauna selvatica. “Ci sono tutti i motivi per dire: agiamo ora”, sostiene Vermeulen.
fonti: Financial Times I National Geographic
immagine di copertina: Flyd via Unsplash
autore. Barbara Marcotulli
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