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semiconduttori: scenari e frizioni di uno schacchiere sempre più complesso

Il mercato dei semiconduttori è interconnesso e trasversale e tocca gli interessi di decine di Paesi: per questo è al centro delle strategie geopolitiche mondiali

adattamento di un articolo di Stefano Sartorio per AgendaDigitale.eu
 

L’industria dei semiconduttori è unica nel suo genere. Un’unicità dovuta, principalmente, al fatto che nella loro produzione è coinvolto il 60% dei paesi.

La frammentazione della catena produttiva negli anni ha creato una forte interdipendenza interstatale che oggi coinvolge per la maggiore: USA, Taiwan, Corea del Sud, Giappone, Europa e Cina. Ne abbiamo avuta piena consapevolezza nei mesi scorsi quando, complici le conseguenze della pandemia, ci siamo sentiti più volte spiegare con questa complessità le difficoltà di approvvigionamento di prodotti a forte contenuto elettronico. 

ph: Umberto

Lo scacchiere internazionale

Brevemente, e per dare un’idea della complessità dell’industria: è negli Stati Uniti che viene realizzato il design dei chip grazie alle migliori tecnologie EDA (Electronic Design Automation software) presenti nel paese.  E’ il Giappone produce e vende i materiali chimici necessari per la produzione. Ma la vera e propria creazione del chip, la sua manifattura, avviene nelle fonderie asiatiche, con la Cina e l’estremo oriente a pesare per il 73% del mercato di questo segmento.

I chip più tecnologicamente sofisticati però vengono invece prodotti per il 92% a Taiwan e per l’8% in Corea del Sud.  Per i test, la scelta è di nuovo sul sud-est asiatico, visti i bassi costi del lavoro.

Tutti i Paesi stanno pertanto cercando di non perdere (o riguadagnare) terreno. Trovare la quadra, però, non è facile: lo dimostrano le frizioni legate all’annunciata collaborazione Ue-Usa nel contesto dell’istituzione del Consiglio Ue-Usa per il commercio e la tecnologia (Trade and Technology Council). La Francia teme infatti conflitti di interesse e, scottata dal “caso AUKUS”, pone l’accento sulle possibili ripercussioni della rinnovata sinergia transatlantica sull’autonomia europea nel settore dei semiconduttori

La strategia USA

A giugno 2020 viene approvato dal Senato e dalla Camera statunitense il CHIP (Creating Helpful Incentives to Produce Semiconductors for America) Act. Una legge con lo scopo di fornire aiuti governativi e incentivi per aumentare la produzione domestica di semiconduttori. Lo scorso 8 giugno invece viene approvato dal Senato degli Stati Unti l’Innovation and Competition Act (USICA) che tra gli obiettivi primari si pone di stanziare circa 52 miliardi di dollari in favore di uno sviluppo della produzione domestica di semiconduttori.

Il CHIP Act suggerisce molto chiaramente che l’intenzione del Congresso americano, e delle associazioni di categoria, sia di rendere gli Stati Uniti un polo all’interno produzione mondiale di semiconduttori:

“Ripristinare la leadership americana nella produzione di semiconduttori aumentando gli incentivi federali per consentire la ricerca e lo sviluppo avanzati, assicurare la catena di approvvigionamento e garantire la sicurezza nazionale a lungo termine e la competitività economica”.

La strategia è triplice:

  • sfruttare il più possibile l’influenza americana sui punti nodali della supply chain (vedi sopra, i paesi indicati precedentemente) per impedire la diffusione delle tecnologie cinesi il più possibile
  • garantire un controllo multilaterale all’esportazione dei semiconduttori, soprattutto se diretti verso paesi strategicamente rivali 
  • aumentare le risorse dedicate al rafforzamento dell’industria domestica, oltre che ad incrementare gli investimenti in ricerca e sviluppo (vedi USICA Act).
ph: Michael Dziedzic

Il ruolo del Giappone

Il possibile rafforzamento dell’industria di semiconduttori americana impensierisce il Giappone, che teme che il piano di stimolo e investimento per possa danneggiare la propria economia. Lo scenario prospettato dal Governo nipponico è che il paese possa così perdere totalmente la propria competitività entro il 2030, se la produzione dei semiconduttori che avviene oggi in Giappone finisse con lo spostarsi all’estero, magari più vicino al cliente futuro (agli Stati Uniti).

Conseguenze importanti anche sul settore automotive: Toyota ha a sua volta dichiarato la necessità di diminuire la produzione di automobili del 40% dallo scorso settembre, sottolineando la mancanza di semiconduttori a causa della crisi Covid.

La crisi di chip e semiconduttori ha perfino spinto il gigante automobilistico giapponese a rivedere la sua strategia di gestione del magazzino, denominata “just in time” (la quale prevede l’incameramento del materiale necessario alla produzione in esatta corrispondenza con il fabbisogno industriale del momento, con l’obiettivo di non creare riserve di magazzino), in favore di un accantonamento dei componenti elettronici maggiore (quindi in previsione di futuri fabbisogni).

La variabile Cina e Taiwan

Un’ulteriore variabile è quella legata a Cina e Taiwan. Oltre alla ricerca cinese della stabilità e della sicurezza nella produzione dei semiconduttori, vi sono anche gli interessi legati alla riunificazione dell’isola che ospita la Taiwan Semiconductor Manufacturing Co. che è in grado di produrre i chip tra i più sofisticati al mondo (sotto i 7 nanometri).

A sua volta la Cina procede nella produzione di semiconduttori “in house”, che a seconda delle statistiche quest’anno ammontano a 203 miliardi di pezzi (nei primi 7 mesi dell’anno, il 47% dell’anno precedente). D’altronde, all’interno del quattordicesimo Piano Quinquennale (2021-26), la crescita dell’industria dei semiconduttori è identificata dalla Cina come una priorità strategica nazionale. 

ph: Christian Viediger

L’Unione europea

L’Unione europea, che relativamente all’industria dei chip si trova maggiormente in difficoltà rispetto agli Stati Uniti e la Cina, ha recentemente illustrato anche il suo personale “Chips Act”. Ursula Von der Leyen, Presidente della Commissione europea, ha più volte ricordato che l’ottenimento di una maggiore autonomia nell’approvvigionamento e nella produzione di semiconduttori è parte integrante della strategia europea per il digitale.

Secondo quanto riporta il Commissario europeo per il Mercato Interno, Thierry Breton, la strategia europea a riguardo si comporrà di tre capisaldi:

  • supportare con decisione la ricerca europea legata ai semiconduttori, costruendo su quanto già fatto da parte dei centri di ricerca in Belgio, in Germania ed in Francia;
  • definire un piano europeo che supporti una maggiore produzione di chip, cosi come anche una maggiore resilienza della supply chain europea. Il piano è quello di produrre chip di ultima generazione (2nm a scendere).
  • prevedere un framework di cooperazione internazionale per diversificare la catena di approvvigionamento europea.

Un momento interlocutorio

Le prime dichiarazioni seguite ai dialoghi USA – Europa sul tema, in corso in queste settimane – che identificano le varie aree di cooperazione tra gli Usa e l’UE In merito ai semiconduttori –  affermano che “gli USA ribadiscono il loro impegno a costruire una partnership per il riequilibrio delle catene di approvvigionamento globale di semiconduttori” e “sottolineano l’importanza di lavorare insieme per identificare le lacune nella catena del valore dei semiconduttori e rafforzare i nostri ecosistemi nazionali di semiconduttori”.

L’attenzione viene diretta verso la compatibilità delle due politiche industriali a confronto, oltre che alle relazioni con i paesi al di fuori di questa intesa (come la Cina) sui quali certamente questa possibile intesa transatlantica avrà un discreto effetto di lungo termine. Approfondimenti sui dialoghi e i loro esiti, sui canali ISPI e Reuters.

fonte: AgendaDigitale.eu 

foto: Unsplash


 

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