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Nel deserto di Atacama, una enorme discarica della moda

La discarica nel deserto di Atacama ospita circa 50mila tonnellate di abiti dismessi ogni anno. E’ la seconda più grande al mondo dopo quella del Ghana, visibile persino dallo spazio. Come siamo arrivati a questo punto? 

 

Moda e sostenibilità: ogni anno migliaia di tonnellate di vestiti usati e invenduti provenienti da Stati Uniti, Europa e Asia vengono gettati nell’immensa discarica illegale del deserto di Atacama, in Cile. Lungo la costa nord-occidentale del Cile, tra la catena delle Ande e la Cordigliera della Costa, si estende per oltre 100.000 km2 uno dei luoghi più aridi del pianeta. È il deserto di Atacama, dove le precipitazioni sono inferiori a 3 mm all’anno e la temperatura oscilla tra 5 °C di notte e 40 °C di giorno. Gli abitanti sono pochi a causa delle condizioni proibitive, che però non impediscono alla vegetazione di crescere in alcune aree e di dare luogo, talvolta, a fioriture spettacolari.

Purtroppo, questi ecosistemi sono minacciati da una delle maggiori discariche di vestiti usati e invenduti del mondo, così grande che si vede spiccare tra le dune anche nelle immagini satellitari. Ma che cosa c’è dietro questo inquietante scenario causato dal fast fashion?

Il costo ambientale del Fast Fashion

40.000-50.000 tonnellate di abiti dismessi vengono scaricate ogni anno nel deserto di Atacama in Cile, creando la più grande discarica di moda del mondo. Molti sono nuovi di zecca, appena buttati via. Le conseguenze ambientali del Fast Fashioon sono enormi: la dispersione di microplastiche, la loro immissione nel sistema delle acque reflue, l’enorme consumo di acqua del ciclo produttivo; le emissioni di gas serra generati dalla produzione degli abiti prima, e dal loro smaltimento per combustione, poi.

Per evitare l’aumento di 1,5 °C e il peggioramento della crisi climatica, il settore della moda dovrà ridurre le sue emissioni della metà entro il 2030, secondo le informazioni pubblicate sul sito web dell’istituto Febre, un’organizzazione incentrata sulla giustizia climatica per le donne nella moda che sostiene il progetto. 

Per ridurre l’impatto, sempre più aziende si occupano di recuperare i rifiuti tessili trasformandoli, per esempio, in nuove fibre o in pannelli isolan

La discarica di vestiti usati di Atacama

La discarica di vestiti sorge alla periferia di Alto Hospicio, all’estremità occidentale del deserto di Atacama, da circa una quindicina di anni. Appare come un enorme cumulo tra le dune, costituito da indumenti di ogni tipo, usati ma anche nuovi, per un totale di ben 40.000 tonnellate. Qua e là gli abitanti rovistano tra magliette, jeans e camicie alla ricerca di qualcosa che possa ancora essere indossato. Ogni giorno camion carichi di abiti raggiungono indisturbati la discarica e li depositano illegalmente a cielo aperto. Si tratta perlopiù di tessuti sintetici, derivati dalla plastica, che per decomporsi in modo naturale possono impiegare oltre 200 anni. Nel frattempo, rilasciano sostanze inquinanti nel suolo. Come se non bastasse, di tanto in tanto qualcuno incendia la catasta con l’intenzione di ridurla e libera così fumi tossici che raggiungono la città.

Da dove provengono gli abiti usati

I vestiti della discarica, prima di arrivare nel deserto di Atacama, compiono un lungo viaggio attraverso i continenti. Vengono prodotti con tessuti di bassa qualità in Paesi come Cina, Bangladesh, India, Pakistan e Vietnam, dove la manodopera è a basso costo e lavora con orari insostenibili e in condizioni di scarsa sicurezza. È la cosiddetta fast fashion, la moda “usa e getta” economica e di tendenza, ma estremamente inquinante, che ha preso sempre più piede negli ultimi decenni. Una volta confezionati, gli abiti raggiungono Stati Uniti, Europa e Asia, dove vengono venduti per essere indossati poche volte, prima che passino di moda e vengano dismessi. I vestiti di seconda mano e quelli invenduti partono a bordo di navi container dirette verso il Cile, dove sbarcano poi al porto di Iquique, a pochi kilometri da Alto Hospicio. Come mai vengono inviati proprio qui?

Perché i vestiti vengono mandati in Cile

La città portuale di Iquique è una “zona franca” stabilita dal governo cileno per facilitare il trasporto internazionale delle merci e incentivare l’economia locale. Ciò significa che le aziende della zona non pagano le imposte doganali e possono così ottenere a prezzi stracciati i vestiti della fast fashion di cui il Nord del mondo vuole liberarsi.

Al porto di Iquique arrivano circa 60.000 tonnellate di vestiti usati all’anno. Qui vengono smistati e selezionati: quelli in buone condizioni vengono venduti nei negozi di altri Paesi dell’America Latina o sui mercati locali, mentre quelli più rovinati (che sono una buona parte) devono essere smaltiti. A questo punto, per non pagare i costi dello smaltimento, i vestiti invenduti vengono portati in discariche abusive come quella nel deserto di Atacama.

Anche se quello di Atacama è un caso eclatante, non è il solo: Accra, la capitale del Ghana, è in condizioni pressoché simili, se non persino peggiori: la discarica, infatti, si estende alle sue spiagge.

La soluzione del “recommerce”

Proprio in Cile è nato un progetto di questo tipo, di “recommerce”: invece di lasciare che questi vestiti marciscano nella sabbia, vengono regalati. Basta essere disposti a coprire le spese di spedizione per riceverli..
Grandi marche, pezzi unici, a costo zero – tranne che quello per portarli via dal deserto (i costi di spedizione). Ogni pezzo è pulito, imballato e pronto per essere indossato.
L’obiettivo? Continuare a salvare i vestiti finché non ci sarà più nulla da salvare.

La Atacama Fashion Week

Iniziativa promossa dall ONG Desierto Vestido, la Atacama Fashion Week lancia un allarme mondiale sullo smaltimento scorretto di abbigliamento in Cile.

Ispirata alle grandi settimane della moda e lanciata nel 2024, l’iniziativa vede modelli e modelle indossare capi scartati provenienti dall’enorme discarica a cielo aperto in Cile, e in quei luoghi e ha l’obiettivo di restituire al mondo le dimensioni del problema e creare consapevolezza tra diversi pubblici.

Si tratta di un evento nello stile delle principali settimane della moda che si svolgono a Parigi, Milano, San Paolo e Londra: una sfilata di moda nel mezzo della discarica di Atacama, con modelli che indosseranno capi confezionati con vestiti scartati sul posto. 

Qui, un recap dell’edizione 2024: 

Secondo la portavoce di Desierto Vestido, idea del progetto non è di fare pressione su un settore specifico. Ciò che si pretende è riuscire a unire le forze a partire da un’iniziativa con partecipazione pubblico-privata attraverso una manifestazione artistica. “Siamo qui, tutti i giorni dell’anno, in questa difficile lotta. E, giorno dopo giorno, vediamo che il problema si aggrava. Avevamo bisogno di promuovere qualcosa di grandioso per attirare l’attenzione di tutti i coinvolti nel problema per discutere una soluzione. Atacama non può più aspettare”, ha segnalato Ángela Astudillo, cofondatrice di Desierto Vestido.

Cosa possiamo fare, ciascuno di noi

È cruciale che si produca un cambiamento sistemico nell’industria della moda e, come cittadini, tutti abbiamo un ruolo da svolgere. Dobbiamo pretendere che i marchi si assumano la loro responsabilità e adottino impegni solidi. Rispetto ai governi, la nostra missione è esigere politiche pubbliche e controlli. E per quanto riguarda la società civile, il nostro ruolo è acquistare meglio, responsabilmente, meno se necessario, e diffondere informazioni e promuovere azioni di mobilitazione.

Se ti interessano i temi della sostenibilità applicati al mondo del tessile e della moda, segui Maker Faire Rome e visita la prossima edizione, in programma dal 17 al 19 ottobre 2025 a Roma, al Gazometro Ostiense

fonti: DossierNet I Desierto Vestido

immagine di copertina: Atacama Fashion Week

autrice: Barbara Marcotulli


 

Maker Faire Rome – The European Edition, promossa dalla Camera di Commercio di Roma e organizzata dalla sua Azienda speciale Innova Camera, si impegna da ben nove edizioni a rendere l’innovazione accessibile e fruibile con l’obiettivo di non lasciare indietro nessuno offrendo contenuti e informazioni in un blog sempre aggiornato e ricco di opportunità per curiosi, maker, startup e aziende che vogliono arricchire le proprie conoscenze ed espandere il proprio business, in Italia e all’estero.

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