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Un robot bio-ibrido per la riforestazione 

HybriBot è il robot bio-ibrido ispirato alla natura, potrebbe aiutare a riforestare aree difficili da raggiungere

 

Si chiama HYbriBot ed è un min irobot naturale bio-ibrido per la semina nelle zone aride: è l’ultimo progetto dell’IIT – Istituto Italiano di Tecnologia di Genova, avanguardia internazionale della robotica avanzata. 

L‘agriautoma è un piccolo robot bioibrido, in grado di svolgere funzioni e muoversi senza alcun componente elettronico o batterie di alimentazione. Potrebbe diventare un ottimo alleato dell’ambiente, grazie alla sua capacità di essere impiegato per riforestare zone difficili da raggiungere o impervie, o di trovare applicazione nel settore agritech

I robot bio-ibridi

I robot bioibridi sono dispositivi che integrano cellule biologiche e materiali sintetici per emulare le caratteristiche di un organismo vivente. Un campo in piena espansione, che promette un giorno applicazioni rivoluzionarie. Sono dispositivi nuovi, aggraziati, bio-ispirati, in grado di replicare con naturalezza gesti e comportamenti di esseri o organismi viventi-

L’agriautoma sviluppato da IIT – in collaborazione con l’Università di Friburgo – si chiama HybriBot e ha preso vita nell’ambito del progetto europeo iSeed coordinato da Barbara Mazzolai, una delle scienziate pioniere mondiali della tecnologia robotica (e già ospite anche di una Opening Conference di Maker Faire Rome) 

La natura ispira la scienza

Ancora una volta è la natura ad ispirare l’evoluzione della scienza. Infatti, HybriBot è ispirato all’avena. L’avena in natura è considerata una specie invasiva e, paradossalmente in agricoltura, può rappresentare anche un problema, perché rispetto ad altri semi risponde all’umidità in maniera quasi immediata. Gli scienziati di IIT e Uni Friburgo perà hanno tratto spunto da questo meccanismo di propagazione per costruire un micro robot utile per il loro scopo finale

«Ci siamo ispirati ai semi dell’avena, in particolare dell’Avena Sterilis, un seme che riesce a muoversi autonomamente sul suolo, grazie alle sue due appendici che rispondono all’umidità, e che possono srotolarsi in autonomia” ha raccontato al Messaggero Isabella Fiorello, attualmente docente a Friburgo e una delle ricercatrici impegnate nel progetto, “e che l’avena usa in natura proprio per disperdersi”.

Hybribot, infatti, è dotato di una capsula, realizzata con tecniche di microfabbricazione 3D, ispirata alla testa dell’avena. La capsula può ospitare al suo interno semi di diverse piante, e diventare cosi vettore biodegradable – grazie al fatto che è realizzata in cellulosa e farina. Per le due appendici, invece, che il robot usa per muoversi sul terreno ed entrare nelle fessure presenti nel suolo, l’ispirazione sono state parti dell’avena e del suo frutto.

HybriBot pesa 60 mg, circa 3 volte il peso naturale dell’avena

I test di utlizzo

HybriBot è stato testato con semi di pomodoro, cicoria e salcerella, uno dei fiori preferiti dalle api, in terreni diversi, dalla sabbia al terriccio.  Quando il robot entra nelle fessure del terreno si degrada naturalmente, grazie ai componenti biodegradabili di origine naturale dei quali è composto, e rilascia il seme o la sostanza nel suolo.

HiybriBot è perfetto in questo ruolo “agricolo” poichè è composto di materiali biodegradabili e di origine vegetale, che lo rendono un dispositivo a basso impatto ambientale. Per questo, può essere utilizzato in ambienti dove per l’essere umano non è facile accedere o dove il suolo non è molto fertile.

Sviluppi del progetto

HybriBot è già  brevettato. Attualmente, è un robot in grado di svolgere funzioni e muoversi senza alcun componente elettronico o batterie di alimentazione. HybriBot funziona in autonomia, non ha bisogno di un motore per far sì che si disperda poichè le sue appendici riescono a muoversi con l’umidità, accumulando energia elastica, che, quando rilasciata, muove la capsula.

In futuro però si potrebbe anche sviluppare con dell’elettronica

Riforestare l’Amazzonia

L’applicazione che il team che lo ha sviluppato vede più vicina è quella della riforestazione in Amazzonia, o su terreni affetti da un incendio, o anche in zone dove il suolo non è abbastanza fertile. In tutti questi casi, possono essere rilasciati tanti di questi robot funzionalizzati, riempiti con i semi di una pianta specifica che si autoseminerebbe grazie ai robot stessi e che avrebbe maggiore successo di germinare rispetto ad altri metodi di semina.

Le sue piccolissime dimensioni, infatti, lo rendono ideale ad essere “scaricato” in migliaia di esemplari da un drone autoseminando il terreno scelto.

Vieni a conoscere gli altri progetti di Robotica dell’Istituto Italiano di Tecnologia a Maker Faire Rome 2024: dal 25 al 27 ottobre a Roma, al Gazometro Ostiense

fonti: Messaggero I IIT

immagine di copertina: IIT

autrice: Barbara Marcotulli


 

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