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Il più importante esperto italiano firma un’analisi sul rapporto tra il gaming e i brand della moda

Appena pubblicata, esplora le molte forme di questa relazione

 

Repost di un articolo di Fabio Viola per BeUnnatural

 

Con oltre 2.5 miliardi di giocatori nel mondo, di cui 15 milioni in Italia, i videogiochi sono diventati il medium di riferimento per larga parte della generazione millennial (i nati tra il 1980 e il 2000) e Z (i nati dopo il 2000).

Una massa enorme di individui che si aspettano di ritrovare nella vita quotidiana quel bagaglio di partecipazione, interazione, tecnologia e protagonismo sperimentati nelle sessioni di Fortnite e Minecraft. Proprio la creatività e l’auto-espressione sono due punti di contatto tra la crescente industria dei videogiochi (il cui valore ha superato i 150 miliardi di dollari) e l’industria della moda.

Soprattutto il comparto del luxury inizia a essere dominato da un cluster di acquirenti in costante ricerca del coinvolgimento, divertimento, stravaganza e da soli i “true luxury consumers” rappresentano un mercato da oltre 100 miliardi di dollari rispetto ai quasi 1000 generati da tutto il comparto moda mondiale.

Questi nuovi acquirenti appartengono prevalentemente al bacino under 40 e si collocano in elevata percentuale in Cina, non a caso la regione leader anche nel consumo e spesa per videogiochi. Queste sovrapposizioni di target, economiche, sperimentazione tecnologica e regioni geografiche aiutano a spiegare l’intensificarsi delle relazioni tra i due comparti creativi nell’ultimo triennio.

E’ possibile individuare quattro direttrici:

1.Le aziende di moda sponsorizzano, creano operazioni di co-branding e realizzano prodotti a tiratura limitata in partnership con videogiochi già affermati console/pc o mobile

 

                                        Valentino in Animal Crossing: New Horizons (screenshot, from the original article)

 

Si pensi a giochi di grande successo come Animal Crossing: New Horizons della Nintendo con decine di milioni di copie vendute. Questo simulatore di vita su un’isola consente ai giocatori di decidere e modificare ogni aspetto della quotidianità e molti brand della moda hanno compreso l’importanza di presidiare i luoghi in cui le persone si trovano.

Valentino, Anna Sui, Marc Jacobs hanno rilasciato collezioni di abiti digitali per gli avatar del gioco ed ancora Parfums Givenchy e Gillette Venus hanno creato prodotti di bellezza legati all’acne, cellulite, capelli grassi dei giocatori virtuali. Brand lifestyle come 100 Thieves hanno rilasciato la loro intera collezione fisica all’interno del gioco creando un senso di urgenza e limitatezza attraverso esemplari digitali a tiratura limitata.

Spesso queste collaborazioni diventano “phygital”, da intendersi come una strategia bi-direzionale che transita dal fisico al digitale e, viceversa, dal digitale al fisico. Il marchio Moschino ha collaborato con il popolare franchising video ludico The Sims di Electronic Arts. Da un lato sono state create della digital skin della casa di moda all’interno del gioco, dall’altra è stata prodotta una collezione di vestiti reali ispirati all’universo dei Sims.

 

                                          La partnership Moschino The Sims 4 (screenshot, from the original article)
 

2. Le aziende di moda entrano negli e-sports sponsorizzando tornei e team, vestendo pro-players o creando prodotti ad hoc 

 

                                        Gen.G team e-sports sponsorizzato Puma (screenshot, from the original article)

Il marchio sportivo Puma è tra i più attivi nel segment sport elettronici con quattro accordi nell’ultimo anno. Tra i più recenti quello con Gen.G Esport, famosa squadra sud coreana specializzata in League of Legends, che comprende l’outgit ufficiale della squadra con magliette Puma ed una linea di vestiti co-firmata. La scelta di investimenti così significativi da parte dell’azienda americana deriva dall’analisi della sovrapposizione di target.

Nei soli Stati Uniti l’85% dei clienti Puma utilizzano i videogiochi e, tra questi, il 75% assiste regolarmente a stream di videogiochi via Twitch e Youtube. Un crossover importante, destinato ad allargarsi ed a beneficiarne saranno le aziende che per prime avranno messo un piede in questo neonato mercato televisivo.
Una delle prime operazioni nel settore risale al 2019 quando Tyler Blevins, noto tra gli appassionati gamer come Ninja, divenne il primo pro player ad avere una propria scarpa in partnership con Adidas. Un momento di rottura che ha equiparato uno sportivo digitale ad un campione di calcio o di basket che da decadi (Air Jordan ricordano qualcosa?) diventano protagonisti di linee di vestiario. 

Mentre Nike, Champion, Puma, Foot Looker e tanti altri hanno strappato accordi con team e giocatori, il marchio francese Louis Vuitton ha siglato direttamente un accordo con Riot Games, azienda di videogiochi creatrice del popolarissimo League of Legends.  Il deal prevede una linea di skin digitali da utilizzare all’interno del gioco online, una linea di vestiti da veicolare attraverso i punti vendita ed un baule per trofei realizzato appositamente per contenere la Summoner’s Cup, il trofeo assegnato ai campioni del mondo di questo videogames (da molti considerato il più prestigioso negli eSports).

 

3. Le aziende di moda creano direttamente dei videogiochi promozionali disegnati su misura per rispondere alle esigenze ed obiettivi

 

                                     Il videogioco Afterworld di Balenciaga (screenshot, from the original article)

 

Nell’ottica di far divertire sempre di più i propri clienti e dar vita ad esperienze sartoriali cucite intorno al brand, sono numerosi i marchi della moda che negli ultimi anni hanno dato vita a nuovi videogiochi. C’è stato chi come Balenciaga ha scelto questo medium per svelare la nuova collezione Autunno/Inverno 2021. Lo scorso Dicembre 2020 il fashion brand ha lanciato Age of Tomorrow, un gioco gratuito online che consente di esplorare un mondo virtuale con personaggi vestiti da capo a piedi dal brand.  Tra i più attivi sicuramente Gucci che ha in portfolio numerose esperienze di gaming proprietario come la piattaforma Gucci Arcade contenente una sezione ispirata ai giochi anni ’70 e ’80 in cui i giocatori possono cimentarsi in semplici challenge ispirate ai motivi della maison fiorentina ottenendo un punteggio e condividendo i badge sbloccati. Ma ancora Hermes con il gioco online Saut Hermès a Burberry con B-Bounce.  In quest’ultimo i giocatori controllano un personaggio a forma di cervo vestito con capi Thomas Burberry e tentano di farlo rimbalzare verso l’alto per raggiungere la Luna. I vincitori sono premiati con GIF personalizzate e piumini Burberry virtuali una volta raggiunti i 500 metri e hanno la possibilità di ottenere una vera giacca della nuova collezione di piumini.

4. Le aziende di moda lanciano iniziative di gamification, logiche mutuate dai giochi per interagire in chiave creativa e partecipativa con i loro pubblici

 

                                      L’installazione in-store Reactlland di Nike (screenshot, from the original article)

Molti di questi progetti sono collegati al guidare nuovi clienti in-store ed a coinvolgere maggiormente quelli già presenti. Tra i progetti più interessanti Reactland di Nike presente in vari punti vendita cinesi a partire dal 2018. Per partecipare all’esperienza di 3 minuti si esegue uno scan del proprio volto al fine di creare un avatar a propria immagine e somiglianza, si indossano le Nike React e un bottone, si sale sul tapis roulant e si corre! Di fronte al consumatore/atleta si stagliano vari scenari riprodotti su un maxi monitor: la Grande Muraglia, i parchi con panda e persino la Torre di Pisa. Più velocemente si corre più strada sarà possibile percorrere ed avanzare nella classifica generale.  Al termine ogni partecipante riceve anche un video di 10 secondi che lo mostra in azione, da condividere sui social media.

Sempre rivolto al ricco mercato cinese ma con obiettivi legati all’e-commerce, il progetto Shopping League della Kenzo reso disponibile su piattaforma WeChat (il social deve essere in Cina). Il concetto testato da Kenzo è stato quello dell’esclusività estrema dell’acquisto non pilotata da un costo ingiustificabile ma da due componenti totalmente ispirate alla gamification: il tempo limitato per intervenire nel processo di acquisto e l’azione richiesta al cliente sul cellulare.

Una volta loggati durante l’apertura della shopping league, visionato il prodotto ed espressa la volontà di acquistarlo, si vive una fase di competizione con altri acquirenti che hanno svolto le stesse azioni in contemporanea, e per aggiudicarsi l’accesso all’acquisto si deve battere l’avversario ad un semplice e veloce gioco nel classico stile Fruit Ninja, colpendo quanti più loghi dorati e semi 3d di Kenzo sommandone un numero maggiore dell’avversario. Il vincitore ha il diritto di completare l’acquisto.

Per quanto la meccanica della sfida sia semplice se non ridotta ai minimi termini, e possa addirittura apparire infantile ad un generico cliente, l’esperimento ha avuto un grande successo registrando il sold out del prodotto in poche ore con una velocità di vendita sei volte superiore ad altri prodotti esclusivi venduti in precedenza da Kenzo con i metodi di e-shopping tradizionali!

Il futuro è tutto da scrivere

Siamo in una fase di sperimentazioni destinate a intensificarsi nei prossimi anni. Sempre più game designer entreranno a pieno organico nelle maison di moda ed, al contempo, sempre più aziende dei videogiochi esploreranno la strada di prodotti fisici da immaginare e vendere in partnership con aziende della moda.

 

Fabio Viola

Pubblicato sul BeUnnetural il 18 marzo 2020


 

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