Un uomo paralizzato ha potuto scritto a mano grazie un impianto cerebrale e all’intelligenza artificiale
L’esperimento, perfettamente riuscito, apre prospettive rivoluzionarie per il mondo delle interfacce neurali
Un uomo paralizzato dal collo in giù a causa di una lesione al midollo spinale subita nel 2007 ha dimostrato di poter comunicare i suoi pensieri, grazie a un sistema di impianto cerebrale che traduce la sua scrittura immaginaria in testo reale.
L’impianto cerebrale traduce i pensieri di un uomo paralizzato in testo con una precisione del 94%. La ricerca potrebbe giovare alle persone che soffrono di lesioni del midollo spinale, ictus o malattie del motoneurone, come ha confermato Frank Willett, ricercatore alla Stanford University e autore principale dello studio pubblicato recentemente sulla rivista Nature.
Come funziona?
Paralizzato dal collo in giù, l’uomo fissa intensamente uno schermo.
I sensori trasmettono segnali cerebrali a un computer per la traduzione da un algoritmo di intelligenza artificiale in testo digitato. Mentre immagina le lettere scritte a mano, queste appaiono davanti a lui come testo digitato grazie a un nuovo impianto cerebrale.
Di fatto, l’uomo “digita” virtualmente a una velocità simile a quella dei suoi coetanei che toccano uno smartphone: tutto questo è possibile grazie ad un dispositivo che un giorno potrebbe aiutare le persone paralizzate a comunicare in modo rapido e semplice.
“Immagina se potessi solo muovere gli occhi su e giù ma non riuscissi a muovere nient’altro: un dispositivo come questo potrebbe consentirti di digitare i tuoi pensieri a velocità paragonabili a quelle della normale scrittura a mano o della digitazione su uno smartphone”, ha affermato Franck Willet, l’autore della ricerca.
Lo stato dell’arte dei dispositivi per chi soffre di paralisi
I dispositivi esistenti per chi soffre di paralisi si basano sul movimento degli occhi o sull’immaginazione di spostare un cursore per puntare e fare clic sulle lettere.
L’intuizione di Franck Willett e del suo team è nata da un interrogativo: pensare alle lettere scritte a mano potrebbe essere un altro modo per le persone di esprimersi?
La teoria non era necessariamente ovvia, poiché la scrittura a mano è un’azione molto più complessa rispetto allo spostamento di un cursore da un punto all’altro, ma i ricercatori hanno scoperto che la scrittura a mano genera un’attività cerebrale distintiva che si è rivelata più facile da rilevare per un impianto e da un programma per computer da interpretare e tradurre in testo
L’esperimento
La ricerca ha coinvolto un uomo soprannominato T5, che è rimasto paralizzato dal collo in giù dopo una lesione al midollo spinale nel 2007.
È stato dotato di due chip di interfaccia cervello-computer (BCI) delle dimensioni di un’aspirina sul lato sinistro del cervello in grado di rilevare i neuroni che si attivano nella corteccia motoria che governa il movimento della mano. I sensori hanno trasmesso i segnali a un computer per la traduzione da un algoritmo di intelligenza artificiale in testo digitato.
Il primo passo è stato determinare se T5 producesse anche un’attività cerebrale distintiva e leggibile quando si immaginava la scrittura, visti i molti anni trascorsi dalla sua lesione. Una volta rilevata quell’attività, l’algoritmo doveva essere addestrato a riconoscere e interpretare i pensieri, un processo che ha richiesto nove giorni in un periodo di sei settimane.
T5 ha immaginato diligentemente di scrivere a mano singole lettere e copiare frasi in modo che il programma potesse identificare quali modelli di attività cerebrale indicassero quale lettera. Nel tempo, T5 è stato in grado di produrre 90 caratteri o circa 18 parole al minuto durante la copia delle frasi e circa 74 caratteri o 15 parole al minuto durante la risposta alle domande.
Le frasi non erano impeccabili, con un errore in circa uno ogni 18 caratteri durante la copia e uno ogni 11 caratteri nel rispondere alle domande, ma l’aggiunta di una funzione di correzione automatica come quella su uno smartphone ha ridotto il tasso di errore tra l’uno e il due percento, hanno affermato gli autori. E anche l’esercizio di allenamento ha offerto a T5 la possibilità di esprimere alcuni pensieri toccanti, incluso il consiglio che avrebbe dato al suo io più giovane: “sii paziente, andrà meglio”, si è risposto.
La reazione della comunità scientifica
Una recensione peer to peer commissionata da Nature, a cura di Pavithra Rajeswaran e Amy Orsborn del dipartimento di bioingegneria dell’Università di Washington, ha definito il lavoro una “pietra miliare”. “L’approccio degli autori ha portato interfacce neurali che consentono una comunicazione rapida molto più vicino a una realtà pratica”, hanno scritto. Ma hanno avvertito che sono ancora necessari ulteriori test e perfezionamenti.
Sviluppi futuri
Lo studio ha coinvolto un singolo partecipante ed è necessaria la ricerca su come l’impianto si adatterà al modo in cui l’attività cerebrale cambia con l’età.
L’autore della ricerca, Franck Willett, ha riconosciuto le sfide, che includono anche la creazione di una tecnologia sufficientemente intelligente da riconoscere la scrittura a mano senza formazione e rendere l’intera configurazione wireless.
“Qui, stiamo solo mostrando una dimostrazione di prova che un sistema di questo tipo per la scrittura a mano è un approccio entusiasmante e potenzialmente praticabile per ripristinare la comunicazione a persone gravemente paralizzate”, ha affermato. E spera che la tecnologia possa essere realizzabile per un uso generale entro “anni, non decenni”.
Il racconto della ricerca e dell’esperimento
fonti: Science Alert
foto di copertina: Fakurian Desig via Unsplash
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