Blog

Dall’olio di oliva all’energia pulita: la rivoluzione verde di una start-up tunisina

Bioheat: la start-up tunisina che trasforma gli scarti dell’olio d’oliva in energia pulita

Nel cuore della Tunisia, tra antichi uliveti e villaggi rurali, un giovane ingegnere ha avuto un’intuizione capace di rivoluzionare il settore energetico e valorizzare un sottoprodotto agricolo spesso trascurato: la sansa di oliva. Con la sua start-up Bioheat, fondata nel 2022 a Sanhaja, vicino a Tunisi, Yassine Khelifi ha sviluppato un processo per trasformare la “fitoura” – una miscela di bucce, polpa e frammenti di nocciolo residui dalla spremitura dell’olio – in bricchette ecologiche per il riscaldamento.

Un’intuizione nata tra gli scarti

La coltivazione delle olive in Tunisia risale all’epoca romana e, da sempre, le famiglie rurali del Paese hanno utilizzato gli scarti delle olive come combustibile o come mangime per gli animali. La Tunisia è il terzo produttore mondiale di olio d’oliva e il secondo esportatore di datteri, e ha sempre fatto grande affidamento sull’economia agricola per il proprio sviluppo. Tuttavia, con tutta quella produzione di olio, arrivano anche montagne di sottoprodotti. Alla fine, la quantità di scarti dell’olio d’oliva ha superato di gran lunga la velocità con cui venivano riutilizzati, e ogni anno si accumulano circa 600.000 tonnellate di sansa, o “pomace” d’oliva,  spesso lasciate a marcire o smaltite in modo inappropriato, con gravi conseguenze ambientali. Al contempo, il Paese importa oltre il 60% del proprio fabbisogno energetico.

È in questo contesto che si inserisce il progetto Bioheat: un esempio virtuoso di economia circolare, in cui uno scarto viene recuperato, trasformato e reintegrato in un ciclo produttivo sostenibile.

L’idea è nata anni fa osservando come la sansa, anche se priva di valore commerciale, bruciasse a lungo senza spegnersi, tanto da essere usata tradizionalmente nei forni o negli hammam. Da quella semplice osservazione, Khelifi –  ingegnere specializzato in analisi di immagini satellitari – ha maturato il desiderio di convertire questo scarto in una vera risorsa energetica per contrastare la deforestazione e la crisi climatica che affliggono il Paese.

Per fare un confronto, la legna da ardere stagionata deve essere lasciata al sole per un anno o più, mentre gli scarti delle olive possono asciugare in metà tempo.

Lo spirito “maker”: quattro anni di prove e ingegno

La strada per arrivare a un prodotto funzionante non è stata facile. Dopo aver cercato invano sul mercato europeo una macchina in grado di trasformare la sansa in bricchette, Khelifi ha deciso di costruirla da sé. Per quattro anni ha testato ogni tipo di motore e componente riciclato, fino a creare un sistema capace di produrre bricchette con un’umidità residua dell’8%, metà di quella della legna tradizionale, e quindi con emissioni di CO₂ molto più basse.

Il processo è semplice ma ingegnoso: gli scarti vengono raccolti, compressi in stampi cilindrici, lasciati essiccare per 30 giorni al sole e nelle serre, e infine confezionati per la distribuzione. Il risultato è un combustibile economico, pulito e durevole, adatto al riscaldamento domestico e professionale.

Impatto locale e globale

Oggi Bioheat produce 600 tonnellate di bricchette l’anno, di cui il 60% viene esportato in Francia e Canada. Ma anche in patria la domanda cresce, soprattutto nelle regioni più fredde del nord-ovest, dove le bricchette sono utilizzate da ristoranti, alberghi e scuole.

Un pizzaiolo di Tunisi ha deciso di passare alle bricchette per ridurre il fumo del suo forno a legna, che infastidiva i vicini. Ha detto che lo scarto “porta con sé l’anima delle olive tunisine e dà alla pizza un sapore speciale”, mentre altri clienti di hanno dichiarato che le bricchette hanno ridotto di un terzo i costi di riscaldamento domestico.

La sostenibilità non è solo ambientale, ma anche economica: come sottolinea Noureddine Nasr, ex esperto FAO, progetti come Bioheat “aiutano a proteggere l’ambiente, creare occupazione e ridurre le importazioni energetiche”, un aspetto cruciale per un Paese con un debito pubblico pari all’80% del PIL.

Il futuro della bioenergia tunisina

Nonostante le difficoltà iniziali – in particolare l’accesso limitato al credito a causa degli alti tassi bancari – Khelifi è riuscito a portare avanti la sua idea grazie al supporto della sua comunità. Oggi Bioheat impiega una decina di persone, ma l’obiettivo è chiaro: diventare un punto di riferimento della transizione energetica in Tunisia e, perché no, nel mondo. Attualmente, circa il 60% delle bricchette viene esportato, e Khelifi spera di arrivare a produrne 600 tonnellate entro la fine dell’anno, arrivando così a riutilizzare da solo l’1% dell’intera sansa prodotta nel Paese.

Chiunque abbia viaggiato in treno lungo la costa settentrionale o orientale della Tunisia, o abbia trascorso le vacanze sull’isola di Djerba osservando l’estensione degli uliveti tunisini, può immaginare quanto sia significativa questa impresa. Con la crescente attenzione globale verso fonti energetiche alternative e circolari, il modello Bioheat dimostra che l’innovazione può nascere anche dai materiali più umili, se unita a visione, tenacia e rispetto per l’ambiente. Da uno scarto dimenticato a una risorsa preziosa: quella di Bioheat è una storia di trasformazione, resilienza e speranza “verde”.

Fonti: The Arab Weekly
Barbara Marcotulli

Maker Faire Rome - The European Edition, promossa dalla Camera di Commercio di Roma, si impegna fin dalla sua prima edizione a rendere l'innovazione accessibile e fruibile, offrendo contenuti e informazioni in un blog sempre aggiornato e ricco di opportunità per curiosi, maker, imprese che vogliono arricchire le proprie conoscenze ed espandere la propria attività, in Italia e all'estero.

Seguici, iscriviti alla nostra newsletter: ti forniremo solo le informazioni giuste per approfondire i temi di tuo interesse