Breve storia del simbolo della disabilità
In poco più di mezzo secolo, l’evoluzione ha toccato il simbolo ma anche la percezione delle persone, valorizzando l’idea di accessibilità
La disabilità si riconosce universalmente in un simbolo dalla storia interessante. Ma ben più interessante è il percorso che tutti abbiamo compiuto, passando dall’idea di ‘disabilità’ a quella di ‘accessibilità’, che finisce con l”impattare positivamente un numero persino più alto di persone.
Quella dell’ ISA – International Symbol of Access è una storia giovane – ha poco più di cinquant’anni – ma decisamente di successo, almeno in alcune parti del mondo.
Ci sono diversi simboli che parlano di disabilità. Ad esempio, i segni dell’orecchio barrato e degli occhi barrati, simboleggiano rispettivamente l’ipoacusia e la riduzione della vista. Oppure il segno con due mani, che rappresenta l’interprete della lingua dei segni, così come un uomo che cammina con un bastone bianco. Sono molti, come molte sono le disabilità e le esigenze delle persone che ne sono portatrici, ma solo uno di questi – proprio l’ISA – è diventato veramente universale, con una storia interessante.
In occasione della Giornata Mondiale della Disabilità, che si è celebrata lo scorso 3 dicembre, ci piace celebrare il suo simbolo: una piccola icona studiata con moltissima cura che ha cambiato il modo con il quale tutti ci relazioniamo con lo spazio.
Un po’ di storia
L’International Symbol of Access, noto anche come simbolo (internazionale) della carrozzina, nella sua forma standard è costituito da un quadrato blu sovrapposto all’immagine stilizzata bianca di una persona in carrozzina.
Tutto ebbe inizio quando alla fine degli anni ’60 iniziarono ad apparire in vari paesi simboli che indicavano i luoghi fisicamente accessibili ai disabili.
Per cercare di rendere la segnaletica il più standardizzata possibile e riconoscibile ovunque nel mondo, Norman Acton, Segretario Generale di Rehabilitation International, la più grande federazione mondiale di organizzazioni rivolte ai disabili, chiese a Karl Montan, primo direttore della Swedish Handicap Institute di realizzare un design da presentare al XI Congresso Mondiale a Dublino del 1969.
Il simbolo doveva rispettare determinati e precise caratteristiche:
- facilmente identificabile anche a distanza
- auto-descrittivo
- semplice ma esteticamente progettato senza significato secondario e pratico
Venne indetto un concorso per gli studenti della Scandinavian Design; l’’idea vincitrice fu quella di Susanne Koefoed, una studentessa di graphic design danese, che presentò un semplice motivo di un omino su una sedia a rotelle.
L’icona fu approvata ufficialmente nel 1969 dopo “l’umanizzazione” dell’omino con l’ultimata aggiunta della testa.
L’ISO – International Symbol of Access – incorporò il simbolo nella sua libreria di simboli riconosciuti a livello internazionale, fornendo anche le specifiche formali per dimensioni e utilizzo dello stesso.
Si aprì anche un acceso dibattito sulla possibilità di brevettare il design, tuttavia si decise che l’obiettivo non era quello di limitarne l’uso, ma garantirne un buon utilizzo.
Inoltre si decise che l’istruzione pubblica e la promozione sarebbero stati i mezzi più efficaci nel garantire che il simbolo rimanesse sempre di pubblico dominio, per questo si rielaborarono le linee guida per l’utilizzo del simbolo raccomandando che, magnanimamente, ne venisse fatto dono per l’umanità.
Sucessivamente, nel 1994, fu Brendan Murphy, studente dell’università statunitense di Cincinnati, a proporre una modifica al simbolo coniato dalla Koefoed, per evidenziare l’importanza dell’indipendenza delle persone con disabilità. Mantenendo cioè la figura stilizzata in carrozzina in colore bianco sullo sfondo azzurro, venne cambiata la posizione del corpo, busto chinato in avanti e braccia indietro che spingono la carrozzina in movimento. Un’immagine, questa, che intendeva simboleggiare la conversione dei vecchi paradigmi, come staticità e passività, tipici del precedente logo, con nuove valenze, come dinamicità e partecipazione attiva.
Nel nuovo millennio, e precisamente nel 2013, Brian Glenney, professore di filosofia al Gordon College nel Massachusetts, in collaborazione con la designer Sara Hender crearono The Accessible Icon Project, simbolo internazionale dell’accessibilità, un nuovo logo molto simile al precedente con alcuni dettagli ben evidenziati, come la testa inclinata in avanti, il braccio piegato all’indietro e i tagli sulla ruota.
Due anni più tardi, nel 2015, saranno le Nazioni Unite a coniare l’Accessibility Logo: una figura stilizzata con gambe e braccia aperte racchiusa in un cerchio che ne esprime la portata globale.
La raffigurazione stessa ricorda l’Uomo Vitruviano di Leonardo Da Vinci e l’obiettivo è quello di superare la visione della persona limitata alla sedia a rotelle, valorizzando allo stesso tempo l’unicità dell’essere umano. Quest’ultimo simbolo, tuttavia, ha avuto poco successo, poiché non è riuscita a sfatare l’immagine classica della persona in carrozzina.
Qual è il suo utilizzo
Ci sono alcuni usi specifici per utilizzare l’International Symbol of Access. Ad esempio, per identificare l’uso di un parcheggio per persone con disabilità oppure un bagno pubblico accessibile agli utenti in carrozzina, per citare due esempi nei quali chiunque di noi si è imbattuto.
Il simbolo ha sconfinato ampiamente oltre la disabilità. Il segnale è infatti più comunemente utilizzato nei luoghi dove è presente una maggiore accessibilità, in particolare per gli utenti in carrozzina. Ma poiché è diventato un simbolo universale di disabilità, esprime una migliore accessibilità per altre tipologie di disabilità. Spesso simboleggia la rimozione di varie barriere create dall’uomo, il che è utile anche agli anziani e ai genitori con i passeggini.
È più di un segno
In poco più di 50 anni dalla sua nascita, l’international Symbol of Access è diventato un vero faro di accessibilità, non solo per le persone con disabilità, ma per molti che trovano delle difficoltà negli ambienti creati dagli uomini. Questo simbolo, infatti, è uno degli strumenti più forti e attivi per incentivare l’inclusione delle persone in carrozzina o, comunque, con una disabilità.
Potrebbe sembrare un paradosso, ma in un futuro in cui l’International Symbol of Access non sarà più necessario allora avremmo raggiunto l’accessibilità assoluta. Da qualche anno ormai gli edifici sono sempre più accessibili indipendentemente dallo loro età e disabilità: c’è ancora molta strada da percorrere ma è certamente tracciata.
Maker Faire Rome e l’impegno per l’inclusività
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fonti: Superando.it I I Do Onlus I The Enablist I Il Post
immagine di copertina: Ability Channel
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