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La pandemia ci prepara alla vita su Marte

Alcune delle regole che dovremo adottare somigliano a quelle che stiamo gia’ testando per la vita sul pianeta rosso

 

Per esplorare meglio Marte potremmo dover fare tesoro della conoscenza e delle esperienze che stiamo accumulando in questo periodo di lotta al coronavirus

 

di Simone Cosimi 

I rover su Marte stanno già preparando la strada per future missioni umane, ammesso che si riesca a risolvere una lunga serie di problemi come la protezione dalle radiazioni cosmiche nel corso del lungo tragitto. Anche in quelle occasioni, come in tutto quel che riguarda lo Spazio, ci sarà bisogno del massimo livello di igiene. Gli astronauti non dovranno trasportare batteri e altri microorganismi sulla superficie marziana perché, come scrive Cnn in un report sul tema, “non devono contaminare l’ambiente”;  oppure, questione più sottile ma altrettanto dirimente, per evitare di predisporre un contesto per falsi positivi rispetto a tracce di vita sul pianeta. Allo stesso modo, bisognerà isolare al massimo ogni campione che direttamente o, prima, indirettamente riporteremo sulla Terra.

Insomma il punto su cui insiste Cnn è che avremo bisogno di un livello di sicurezza sanitaria che non abbiamo mai sperimentato prima. Mai prima del Covid-19, ovviamente.

 

Le regole imposte dalla Pandemia e le esplorazioni spaziali 

 

Durante il programma Apollo –  e la missione 11 del luglio 1969 non fece eccezione –  gli astronauti erano messi in isolamento prima e dopo la partenza e l’ammaraggio. Una misura in parte rivelatasi inutile – sappiamo bene che Armstrong & co. non presero alcuna malattia né che vi sia una qualche forma di vita sulla Luna – ma che all’epoca servì a rassicurarci sulla massima cautela rispetto al trasporto da e per il nostro satellite di eventuali agenti patogeni.

Stesso discorso per le rocce riportate sulla Terra e ancora oggi al centro di approfonditi e utilissimi studi.

 

Marte
The Martian by Ridley Scott

 

Il Cospar, il Comitato globale sulla ricerca spaziale fondato nel 1958 per promuovere la cooperazione internazionale nell’esplorazione dello Spazio, dispone di una policy di protezione planetaria piuttosto essenziale sotto questo punto di vista: prevede infatti che le diverse agenzie spaziali proteggano la sicurezza del nostro pianeta così come di quelli che esploreremo in un futuro più o meno remoto.

Le indicazioni sono contenute nel Planetary Protection Requirements, di fatto un trattato Nato fatto proprio dal Cospar, e per dirla in soldoni, prevedono il massimo grado di sterilizzazione per le strumentazioni, i mezzi e gli accessori spediti in orbita e non solo. Chiunque sia mai entrato in un impianto di produzione e assemblaggio di mezzi spaziali, come i satelliti – chi scrive può testimoniarlo – conosce il massimo livello di attenzione.

Per la NASA è ovviamente lo stesso come per tutte le altre agenzie: mezzi e rover sono assemblati in camere sterili dove tecnici e scienziati sono protetti e coperti da speciali tute e altri dispositivi da cima a fondo, schermi facciali inclusi. Ogni compromissione del funzionamento per materiali estranei costerebbe d’altronde milioni se non miliardi di dollari. Stesso discorso per il rover Perseverance, che decollerà il prossimo luglio per atterrare nel cratere Jezero, situato sul lato occidentale di Isidis Planitia, l’anno prossimo.

Compito dell’agenzia spaziale e di Moogega Stricker, Planetary Protection Lead Engineer della missione legata al robottino è fare in modo “di non contaminare Marte con germi terrestri quando esploreremo il pianeta”.

 

Cosa possiamo imparare da questa pandemia

 

Per questo il mezzo spaziale viene continuamente esaminato per valutarne i livelli di pulizia, per annotare e capire che generi di spore potrebbero agganciarsi ed essere eventualmente, anche se difficilmente, traghettati a 225 milioni di chilometri e così via. Il rover viene dunque “tamponato” quotidianamente, per esempio alla ricerca di certi microbi e altri elementi.

L’area in cui il rover viene costruito è “più pulita di una sala operatoria, più di moltissime cose con cui interagiamo” spiega la responsabile. E parti del lander che atterrerà su Marte, inclusi i contenitori metallici tubolari in cui saranno raccolti i campioni di terreno e roccia, sono sterilizzate a 350 gradi centigradi: “Praticamente l’oggetto più pulito che abbiate mai visto”.

 

Come torneranno i campioni a Terra? Con un’ambiziosissima missione.

 

Ovviamente il compito di Perseverance sarà anche quello di preparare il campo a future missioni esplorative umane. Quando i campioni di roccia rientreranno a Terra, verranno spediti ai laboratori di biocontenimento di livello 4, dello stesso tipo di quelli usato per la ricerca su patogeni che causano sindromi letali come il coronavirus.  E non solo: è il “bls” previsto per lavorare con agenti pericolosi ed esotici a elevato rischio di trasmissione di infezioni in laboratorio per via aerea, con agenti che causano gravi malattie mortali in esseri umani per le quali non sono disponibili vaccini o altri trattamenti con tutto il corredo di docce, camera a vuoto e camere a luce ultravioletta per ingresso e uscita.

Se da quelle analisi dovessero uscire risultati confortanti, anche il Cospar dovrà modificare le sue linee guida, adattandole all’eventualità che vi si trovino popolazioni microbiche. Uno studio su campioni di roccia del Pacifico meridionale ha individuato enormi quantità di organismi unicellulari: un ambiente che potrebbe avere molto in comune con quello del Pianeta Rosso. Dovremo fare molta attenzione a non contaminare rocce o altre fonti con l’esplorazione umana: “Mi piacerebbe vedere le impronte degli scarponi su Marte ma sono ben consapevole degli aspetti ecologici profondi di un’altra biosfera” ha spiegato di recente Penelope Boston, direttrice dell’Astrobiology Institute della Nasa.

Dovremo cioè studiarla e perfino abitarci senza danneggiarla: serviranno regole di biocontenimento ancora più stringenti per evitare che batteri e funghi, passando per gli scarti di una “vita” marziana, compromettano l’ambiente nativo.

 

Leggi l’articolo originale su Esquire


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