Fatta con alghe, mandorle, acqua e oro: e’ italiana la prima batteria commestibile al mondo
Le batterie sono indispensabili ma il loro smaltimento è un problema. Queste batterie commestibili, ideate dall’Istituto Italiano di Tecnologia, lo risolvono
È italiana la prima batteria commestibile e ricaricabile del mondo. Creata dall’Istituto Italiano di Tecnologia, è stata nominata dal #Time nella lista delle migliori Invenzioni del 2023.
Potrebbe essere usata come strumento diagnostico per la diagnosi e il trattamento del tratto gastrointestinale o per misurare la qualità del cibo o anche nei giocattoli dei più piccoli, dove il rischio di ingestione è elevato.
Il gruppo di ricerca che ha realizzato la batteria è guidato da Mario Caironi e composto da Ivan Ilic, l’autore principale, e Valerio Galli, 26 anni, ingegnere, dottorando di ITT che ancora oggi sta lavorando sullo sviluppo e le performance della batteria.
«La soddisfazione è stata enorme. Abbiamo provato molte molecole prima di arrivare a queste due, selezionando diversi alimenti. La ricerca ha rappresentato un passo importante nello sviluppo di dispositivi ingeribili sicuri e utili. La citazione del Time? Una bella sorpresa».
Come è fatta una batteria commestibile
Mandorle, capperi, carbone attivo ricavato dalle noci di cocco sono i componenti. Il separatore, necessario per evitare cortocircuiti, è a base di alghe nori, quelle usate nel sushi. Gli elettrodi sono stati incapsulati in un piccolo contenitore di cera d’api, da cui escono, a partire da un supporto derivato dalla cellulosa, due contatti di oro alimentare, usato anche dai pasticceri per le decorazioni (fa ancora scuola il risotto all’oro di Gualtiero Marchesi; più recentemente, Salt Bae lo ha impiegato sulle sue bistecche).
A base alimentare anche il principio di funzionamento: la riboflavina (cioè la vitamina B2) agisce da anodo, mentre la quercetina (una sostanza presente in mandorle e capperi) da catodo. La batteria funziona a 0,65 V: la tensione è bassa, in modo da non essere pericolosa al corpo umano anche se ingerita (ed ecco cosi spiegata la sua utilità nei giocattoli per bambini) e può fornire corrente di 48 microampere per 12 minuti o, più bassa, per più di un’ora: abbastanza da alimentare piccoli dispositivi elettronici, come i Led a bassa potenza.
Per aumentare la conducibilità elettrica è stato utilizzato il carbone attivo, facilmente reperibile anche nella parafarmacie, mentre l’elettrolita è a base d‘acqua.
A cosa serve una batteria commestibile
Questa scoperta può avere applicazioni in molti campi. Soprattutto nel mondo dell’elettronica commestibile, una branca che lavora per realizzare dispositivi elettronici biodegradabili e assimilabili dal corpo umano.
Una batteria ricaricabile, per esempio, può essere utile nell’ambito dei disturbi del tratto gastrointestinale: sia per la diagnosi che per il loro trattamento.
Ma può essere applicata anche per monitorare la qualità degli alimenti o inserita nei giocattoli per i bambini più piccoli, dove il rischio di ingestione è elevato.
Infine, queste batterie potrebbero essere usate per fare funzionare i robot commestibili, che nelle intenzioni dovrebbero aiutarci (per esempio) nell’esplorazione dello Spazio e diventare una forma di sostentamento d’emergenza, e anche per ridurre o rendere meno pericolosi i nostri rifiuti elettronici:
La sostenibilità al centro
Queste batterie sono la prova che realizzare fonti di alimentazione con materiali più sicuri rispetto agli ioni di litio è possibile; il loro sviluppo è importante perché può ispirare altri scienziati a costruire batterie ancora più sicure, per un futuro davvero sostenibile.
Le batterie di uso più comune – telefoni, smartwatch, veicoli elettrici – sono al litio. Che, però, pone problemi ambientali non meno importanti di quelli che risolve.
L’impatto ambientale dell’approvvigionamento di litio
Attualmente, la quasi totalità del litio necessario per soddisfare il mercato di batterie europeo è importata dall’estero. Data la distribuzione geografica, il problema principale dell’Europa consiste infatti nell’approvvigionamento. Il litio viene ricavato tramite un processo di evaporazione dei laghi salmastri sotterranei, che risulta relativamente economico ed efficiente, oppure estratto dai depositi di roccia.
I metodi di estrazione spesso non sono sostenibili, cosi come non lo sono le condizioni di vita dei lavoratori impiegati.
L’estrazione del litio, inoltre, consuma molta acqua – si parla di 1,8 milioni di litri di acqua per tonnellata di litio. Inoltre, le contaminazioni dalle sostanze tossiche utilizzate nell’attività estrattiva possono contribuire a un ulteriore impoverimento e inquinamento delle falde acquifere.
L’impatto ambientale dell’industria del litio riguarda anche le emissioni di anidride carbonica, che variano dalle 5 alle 15 tonnellate per singola tonnellata di litio estratto.
Conciliare il bisogno di batterie con il rispetto di parametri di sostenibilità è fondamentale; per questo, la creazione di questa batteria – ricaricabile e commestibile – è un passo fondamentale della ricerca, che apre una strada del tutto nuova e potenzialmente capace di ribaltare la prospettiva in termini di consumo delle risorse e qualità delle prestazioni.
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fonti: Innaturale I Corriere della Sera I Repubblica I IIT
immagine di copertina: Roberto Sorin via Unsplash
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