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Le tecnologie che stanno rivoluzionando la sicurezza in montagna

Dai droni ai termoscanner, fino alla sperimentazione dei jatpack: le innovazioni in campo per garantire sicurezza e interventi tempestivi in caso di incidente in montagna
 

La sicurezza è un fattore fondamentale da non sottovalutare mai in nessuno sport, soprattutto in sport che hanno a che fare con la natura. Chi ama la montagna sa quanto essa possa essere impavida e potente, causando incidenti con la sua forza.

Prima di partire per un’escursione in montagna o una sciata fuori pista è fondamentale conoscere i sistemi di sicurezza e portarli sempre con sé. Le valanghe sono uno dei pericoli principali per chi pratica sport invernali, un rischio da mettere in conto quando si decide di salire in quota. Prima di partire quindi, è importante informarsi e capire come limitare i rischi. 

La crisi climatica, la passione per i fuoripista e lo sci alpinismo, la necessità di monitorare il delicato equilibrio della montagna: la tecnologia continua a rivelarsi un’alleata importante dell’uomo e della natura. Tra droni, app di allerta e algoritmi di intelligenza artificiale, la prevenzione passa anche dall’impiego di tecnologie avanzate, che aiutano ad aumentare la sicurezza e a mitigare i rischi.
La prudenza in montagna non è mai troppa e le tecnologie più moderne ci aiutano a tutelarci nel migliore dei modi.
Sciatore con pollice alzato e occhiali a mascherina
Responsabilità, cautela e tecnologia, e l’escursione è più serena I foto: Ilya Shishikhin via Unsplash
Le tecnologie per i soccorsi

Le tecnologie per i soccorsi in montagna evolvono rapidamente. Ai droni, già da tempo utilizzati con successo, si affiancano nuovi sistemi in grado di migliorare l’individuazione di dispersi, feriti e morti durante una valanga. Molte di queste tecnologie, comprese e-bike per montagna e barelle elettriche per facilitare i soccorsi, erano state sperimentate fin dal 2019 nel corso del progetto Start (Test for Alpine Rescue Technology) che aveva coinvolto sette partner dell’arco alpino – il Soccorso Alpino Dolomiti Bellunesi Cnsas, il Soccorso Alpino Alto Adige Cnsas, il Soccorso alpino dell’Alpenverein Südtirol, il Bergrettung Tirol, il Noi Teckpark di Bolzano, l’Università di Klagenfurt, l’Eurac Research – e che oggi, in alcuni casi, se ne sono dotate. Vediamo insieme di quali si tratta.

Droni

L’utilizzo di droni ha portato vantaggi notevoli rispetto agli elicotteri. Un drone, infatti, a differenza dell’elicottero non è dipendente dalle condizioni atmosferiche e può arrivare su una zona impraticabile più velocemente. Grazie all’ausilio di fotocamere termiche permette di individuare persone disperse e vittime di valanghe captando le radiazioni infrarosse del corpo stesso. I droni possono trasportare anche pacchi contenenti radio, coperte termiche, medicine per il primo soccorso, lasciandoli cadere vicino al luogo dove si trova il soggetto. Nel caso di attacchi di cuore, che rappresentano comunque una delle cause di morte più frequenti in alta montagna, i droni con fibrillatore impiegano dai 15 ai 20 minuti per raggiungere le zone più remote. 

Le sperimentazioni in corso con i droni in alta montagna

In Svizzera è stato sperimentato l’utilizzo di un particolare drone, l’RGA-UAV-T1A, che è in dotazione alla Rega, la Guardia aerea svizzera di soccorso, ma che può essere di supporto anche in Italia, lungo i territori di confine come Piemonte, Valle d’Aosta e Lombardia. È particolarmente utile in condizioni di scarsa visibilità, e tra i diversi sensori a disposizione utilizza un sistema  di intelligenza artificiale chiamato “Human Detection Pipeline” che permette, attraverso un algoritmo intelligente, di riconoscere le persone sul terreno basandosi sulle immagini in tempo reale della termocamera.

Nel 2019 in Francia era stato avviato un progetto sperimentale che ha utilizzato un drone DJI Matrice 210 che ha dimostrato la sua grande efficacia quando una valanga sulla vetta di Pointe de la Masse, a 2.804 metri di altitudine invase le piste. L’intera missione di ricognizione del drone – dalla ricezione dell’allarme radio iniziale, fino alla visualizzazione della massa di neve – richiese circa un minuto, molto meno di quanto sarebbe stato necessario per rilevare la valanga utilizzando metodi tradizionali. Gli sciatori più vicini furono avvisati in brevissimo tempo e, meno di sette minuti dopo aver lanciato l’allarme, uno sciatore veniva estratto dalla neve. 

Tra i sistemi in dotazione ai droni di soccorso, l’ultima novità si chiama Lifeseeker ed è tra le tecnologie testate dal progetto Start. Sviluppato e realizzato da Centum R&T è utilizzato per la ricerca di persone disperse attraverso il segnale emesso dal cellulare e funziona anche in zone senza copertura di rete. Oltre alla ricerca e alla localizzazione permette di comunicare con il disperso sia tramite chiamate vocali sia con sms. Il sistema è stato sperimentato dal progetto sull’elicottero dell’Aiut Alpin Dolomites. 

Jetpack

Realizzati dall’inglese Gravity Industries, queste tute con reattori incorporati sembrano provenire direttamente da un film di fantascienza. Li ha utilizzati però con successo il Great North Air Ambulance Service (Gnaas), ente inglese che fornisce servizi aerei per le emergenze. Il Jetpack è alimentato da 5 turbine che sviluppano 1065 cavalli per una velocità massima di 136 chilometri orari e permette ai soccorritori di raggiungere un punto impervio sulla montagna in 90 secondi anziché 30 minuti. 

I localizzatori

Per individuare i dispersi, in caso di cellulari scarichi, vengono utilizzati anche i sistemi Recco e Artva, che devono però essere indossati dagli sciatori. Se il sistema Recco, una piastrina formata da un’antenna e un diodo, è già presente all’interno di diversi modelli di sci, giacche, scarponi, zaini e caschi, l’Artva – un piccolo strumento elettronico da indossare sotto il giubbotto – è obbligatorio in diverse stazioni sciistiche. Il sistema Recco può far uso anche di un sonar che trasportato da un elicottero riesce a captare un segnale fino a 80 metri di distanza

I localizzatori sugli smartphone

Se dispersi in montagna, sarebbe possibile farsi localizzare subito una volta chiamato il numero unico delle emergenze 112 grazie alla tecnologia Aml per iPhone e Els per smartphone Android. Il condizionale è d’obbligo perché in Italia ancora non funziona, nonostante una direttiva della Unione europea imponeva di implementarla entro il 2020. Il software incorporato invia in automatico latitudine, longitudine e altezza della posizione

Nonostante siano presenti nei sistemi operativi Android dal giugno 2006 e su iOS dal marzo 2018, in Italia non possono essere utilizzati perché non è presente un sistema capace di captare i dati inviati dal telefonino e inoltrarli al servizio di soccorso. Il sistema però è attivo in numerosi Paesi europei come Austria, Belgio, Estonia, Finlandia, Irlanda, Lituania, Olanda, Regno Unito e Slovenia e extra-Ue come Norvegia, Islanda, Moldavia, Nuova Zelanda, Emirati Arabi, Stati Uniti. La grave pecca fu messa in luce nel 2019 quando proprio a causa della mancanza di questo sistema non fu possibile localizzare subito Simon Gautier, l’escursionista francese caduto in un dirupo in una zona impervia nel Cilento e che fu ritrovato solo dopo 9 giorni dalla sua richiesta di aiuto.

I localizzatori che utilizzano sms

In alternativa ai sistemi Aml e Els in Italia si utilizza l’Sms locator del servizio 112. Al chiamante del 112 viene inviato un sms con un link che, una volta aperto, trasmette le coordinate alla centrale. Il servizio non è però cosi preciso come l’Aml, e non è attivo ancora in tutte le regioni del nostro paese. Dove accade, invece, è prevista una Centrale unica di risposta (Cur) che è fruibile anche tramite l’App “Where are U” con una chiamata d’emergenza e l’invio automatico all’operatore della posizione attraverso il sistema Gps del telefonino. È possibile utilizzare l’app anche se non si è in condizioni di parlare, selezionando il tipo di soccorso. 

fonti: Wired I Mastercard I ImpactsCool Mag

immagine di copertina: Seb Mooze via Unsplash

autrice: Barbara Marcotulli


 

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