Una startup recupera la plastica che finisce nelle reti, pagandola ai pescatori e rigenerandola
La startup italiana Ogyre ricicla la plastica recuperata dai pescatori in mare e la trasforma in articoli di abbigliamento e accessori
Ogyre è la prima piattaforma globale per il recupero di rifiuti plastici dal mare. E’ un progetto italiano, evoluzione della startup omonima nata nel 2020.
Ogyre vuole contribuire a ripulire i mari dai rifiuti grazie al lavoro dei pescatori e che intende reinserire parte di questi scarti – la plastica, in particolare – nel circuito del riciclo, per dar loro nuova vita. A sviluppare il progetto è Ogyre sono stati Andrea Faldella, bolognese, velista e appassionato di immersioni, e Antonio Augeri, imprenditore e surfista.
La plastica: una certezza
La plastica nel mare è una delle più gravi emergenze ambientali dei nostri tempi. Pescatori in ogni parte del mondo ogni giorno recuperano kg di rifiuti dispersi nel mare. Ogyre li fa lavorare esattamente per quello scopo: li paga per la raccolta e poi trasforma a proprie spese quei rifiuti in costumi da bagno.
L’oceano: una certezza più grande
“Fishing for litter”
L’attività di Ogyre rientra in quella che viene comunemente definita “fishing for litter”, la raccolta dei rifiuti durante le normali attività di pesca. “È un’attività che può essere declinata in diversi modi – ha spiegato sempre Andrea – in Italia viene svolta durante la normale attività di pesca: tutti i rifiuti intrappolati nelle reti o pescati accidentalmente vengono separati e conferiti ai nostri partner a terra.
Ogyre coinvolge i pescherecci per portare a terra la plastica raccolta dalle reti, per una media di circa 60 kg/mese per ciascuna barca. In cambio, remunera i pescatori per questa attività e li solleva da qualsiasi onere che deriva dallo smaltimento.
Le normative vigenti assimilano, infatti, i rifiuti marini ai rifiuti speciali. I costi e la responsabilità penale sono a carico dei pescatori, e spesso questi preferiscono ributtarli in mare invece di riportarli a terra e farsi carico del loro smaltimento. OGYRE compensa i pescatori per la spazzatura che le portano e si fa carico dello smaltimento.
I rifiuti raccolti vengono smaltiti correttamente attraverso Istituti di ricerca o ONG partner: così si può studiare lo stato di salute del mare e mappare rifiuti e tipologia di impatto sugli ecosistemi marini.
Le flotte
Per ripulire il mare dalla plastica, Ogyre può contare a oggi su tre flotte di pescatori, fra Italia (Cesenatico, Santa Margherita Ligure, Marina di Ravenna), Brasile e Indonesia, per un totale di 80 imbarcazioni in tutto. La massa di rifiuti raccolta oscilla tra le 10 e le 15mila tonnellate ogni mese. Una quantità tale che in Brasile, in particolare, i pescatori ingaggiati preferiscono essere pagati per raccogliere plastica, più che per il pesce. “Ci chiedono di aumentare le giornate che fanno con noi (gli paghiamo la giornata equivalente a una normale uscita di pesca): la plastica è una certezza”, ha spiegato Andrea Faldella, uno dei due fondatori di Ogyre.
“Fishing for litter” ma anche “for fashion”
Con la plastica recuperata, la startup produce due costumi da bagno, con tessuti sintetici fatti con polimeri riciclati: Oshorts da uomo e Okini da donna, a loro volta riciclabili.
Non solo costumi, comunque: “Stiamo per lanciare il nostro piumino, sempre fatto con plastica riciclata, che uscirà a breve. Seguirà poi avremo lo zaino, in modo da poter dar la possibilità di contribuire tramite i prodotti in ogni momento. Stiamo anche ragionando di fare alcuni prodotti completamente sganciati dall’abbigliamento, come una penna o una sedia. Il focus non è sul prodotto in sé, ma su ciò che il prodotto ci permette di fare”, conferma a Fortune Andrea Faldella, co-fondatore di Ogyre.
“I nostri prodotti sono solo la punta dell’iceberg: quello che vogliamo realizzare è costruire una piattaforma che renda il ‘fishing for litter’ una pratica alla portata di tutti. Il nostro obiettivo è quello di dare alle persone e alle aziende la possibilità di agire per la salvaguardia del mare ogni giorno attraverso gesti consueti, non solo attraverso l’acquisto di un prodotto di consumo che però è il frutto di una reale azione di recupero di plastica dai mari, ma anche, in prospettiva, attraverso ‘l’adozione’ di un peschereccio o addirittura di un porto. Da consumatori si diventa così contributori“.
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