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Per il ciclo Storie di Makers vs.Covid-19: OpenDot, fablab Milanese in trincea. 

 

OpenDot, da sempre vocato all’healthcare, è in prima linea sull’emergenza.

OpenDot è un Fablab milanese che, sin dalla sua fondazione nel 2015, ha iniziato a lavorare, ricercare e sperimentare nel settore healthcare

Nello specifico si occupa di progettazione e innovazione in ambito salute attraverso la creazione di:

  • ausili su misura
  • sviluppo di software
  • formazione con medici e terapisti
Opendot- Enrico Bassi

Oggi l’emergenza sanitaria che sta colpendo il mondo e la rapida risposta della comunità dei makers dimostra come per affrontare problemi complessi sia necessario il contributo di tutti, anche per co-progettare e validare le soluzioni collaborando principalmente con i medici stessi.

Perchè ogni ospedale ha le sue strumentazioni e le sue terapie e non esistono soluzioni universali, ma specifiche per ogni bisogno.

LA PROGETTAZIONE PARTECIPATIVA

Per riuscirci, il mondo dei fablab e dei makers applica quello che in gergo si chiama co-design, ovvero la progettazione partecipativa che coinvolge persone con competenze diverse attorno allo stesso tavolo. Nel caso dell’emergeza Coronavirus: makers, terapisti, designer, care-giver e care-receiver.

OpenDot abbraccia la filosofia della condivisione e dell’open source attraverso la piattaforma Careables.org, creata in collaborazione con altri sette partner Europei tra i quali:

  • dipartimenti universitari
  • studi di progettazione 
  • fondazioni

sta raccogliendo soluzioni e ausili, ma anche storie e informazioni utili per fronteggiare la diffusione del Covid-19.

L’ ESPERIENZA NEL SETTORE HEALTHCARE

OpenDot, valorizzando una sezione ad hoc della  sua piattaforma on-line, aiuterà a documentare i progetti provenienti da tutta la comunità makers e fornirà supporto a chi voglia replicarli o implementarli. 

Data la sua forte esperienza nel settore sanitario, aiuterà makers e fablab – oltre che l’utenza – sensibilizzando su un uso responsabile dei prodotti DIY.

OpenDot sta anche supportando vari ospedali del territorio: all’Ospedale di Desio fornisce face –  shields per la terapia intensiva.

 

Face-shields

 

Invece all’Ospedale di Melegnano (Milano Sud) una versione rivisitata della valvola Charlotte della maschera di Decathlon.

 

Valvola Charlotte

 

Il CONTRIBUTO DI OPENDOT 

Grazie al team di designer e ingegneri Isinnova, che ha rilasciato il progetto open source, è stato possibile ottimizzare il design per ridurre i tempi di stampa e mettere in pratica un  “hacking” per velocizzare la produzione in serie.

E’ così iniziata la produzione industriale dell’adattatore Charlotte, il metodo più sicuro e veloce oggi in circolazione, ma la produzione distribuita è ancora una valida alternativa per fare i test del sistema negli ospedali, modificare i pezzi per adattarli alle diverse situazioni e ricevere rapidamente i primi pezzi per le emergenze. 

Un esempio significativo del potere dell’open source e della fabbricazione digitale distribuita è l’Intubation Box: un progetto nato a Taiwan e testato al MIT di Boston che OpenDot ha riprogettato per il taglio laser e consegnato ai reparti di terapia intensiva per fare test negli Ospedali di Desio e Melegnano.

 

Intubation Box

 

Produrre e distribuire localmente e in modo diffuso infatti (uno dei concetti alla base della Fab City) permette di ridurre le spedizioni e accorciare i tempi evitando liste d’attesa.

LE MASCHERINE

Un’altra criticità di questi giorni è la scarsità di DPI per medici e operatori sanitari.

Infatti, sviluppare soluzioni più confortevoli, riutilizzabili e sterilizzabili, consente la drastica riduzione del rischio di rimanere senza mascherine e senza dimenticare l’ambiente.

OpenDot è coinvolto nello sviluppo di diversi design per mascherine stampabili in 3D in collaborazione con l’azienda varesina Elmec, Thinking Additive (guidata da Marco Cavallaro), e GV Filtri.

Una prima versione della maschera prodotta è già in uso all’Ospedale Niguarda di Milano

Ovviamente, la produzione di oggetti di questo genere non vuole sostituirsi a quella industriale e certificata ma il contributo dei makers, in un momento di emergenza come quello che stiamo vivendo, consiste proprio nel velocizzare i processi, co-creare, modificare, produrre o replicare, fino ad arrivare al raggiungimento della soluzione più efficace.

Enrico Bassi, coordinatore del fablab OpenDot di Milano racconta: “in questi giorni sono emerse moltissime soluzioni, creative e inaspettate per aiutare chi, in prima linea, si trova a fronteggiare una situazione difficilmente immaginabile. Il movimento dei makers ha reagito con cuore, cervello e tecnologie. Ora serve organizzare, coordinare e condividere. Vogliamo aiutare a supportare e trasformare i progetti makers in soluzioni davvero efficaci”.

Ph. credits Federica Mandelli – OpenDot. 

Scopri di più su OpenDot QUI 


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