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Scoprire e bloccare le infezioni in ospedale: la soluzione da una nuova ricerca

Uomo che indossa mascherina e visiera contro le infezioni

Troppe infezioni vengono ancora contratte in ospedale. La ricerca lavora a una soluzione.

Scoprire e bloccare le infezioni negli ospedali è fondamentale. Una ricerca svizzera ha sviluppato una soluzione.

Durante la pandemia di COVID-19, gli ospedali sono spesso diventati centri di infezione. In realtà, lo erano già prima: si stima infatti che circa un paziente su tre contraesse durante la sua degenza in ospedale una qualche forma di infezione. In alcuni casi, queste infezioni si sono rivelate molto gravi, come accaduto in anni recenti in reparti neonatali o come, appunto, durante l’epidemia di Covid, con le conseguenze che putroppo ben conosciamo.

Alcuni ricercatori svizzeri e italiani – dell’ETH di Zurigo, equivalente del nostro Politecnico, del Politecnico Federale di Losanna e della Fondazione ISI, un centro di ricerca europeo interdisciplinare vicino a Torino. – stanno sviluppando un sistema di tracciamento indossabile per strutture sanitarie in grado di identificare i rischi di infezione. I primi test condotti in Svizzera e in Africa ne mostrano il potenziale.

La dimensione del problema 

Le infezioni acquisite in ospedale sono un problema enorme. Durante la pandemia di COVID-19, molte infezioni sono occorse negli ospedali. Questo non solo ha messo in pericolo pazienti vulnerabili, ma molte strutture hanno affrontato gravi problemi di personale perché molti dei loro dipendenti erano loro stessi malati nello stesso tempo.

Leal Neto è stato fino a poco tempo fa ricercatore senior nel Gruppo di Sicurezza dei Sistemi presso il Dipartimento di Informatica dell’ETH di Zurigo e ora è professore associato per l’Epidemiologia Digitale presso l’Università dell’Arizona. Lui e altri ricercatori volevano capire come identificare meglio focolai di infezione e prevenire la diffusione delle infezioni. Per interrompere le catene di infezione in modo mirato, è necessario comprendere le interazioni tra le persone. La rete sociale di un individuo mostra le possibili vie lungo le quali un’infezione potrebbe diffondersi.

Il progetto Wearable Proximity Platform

Nel progetto, denominato Wearable Proximity Platform, informatici ed epidemiologi dell’ETH di Zurigo, dell’EPFL, della Fondazione ISI e della spin-off ETH 3db Access hanno sviluppato un sistema di tracciamento di prossimità che può misurare la distanza per valutare il rischio di esposizione a un’infezione, ad esempio in un ambiente ospedaliero.

La soluzione: un dispositivo wearable badge speciale

Durante la pandemia di COVID-19 è stato stabilito che un’infezione da coronavirus è molto probabile se un incontro dura almeno 15 minuti e avviene a una distanza inferiore a 150 centimetri. Quando si tratta di mappare le reti di infezione, una misurazione quanto più possibile precisa della distanza tra le persone potrebbe fare la differenza; non solo per il Covid ma per numerose altre infezioni.

Per questo ci si è indirizzati verso un dispositivo wearable, indossabile, come un badge, che ha il potenziale di migliorare la rilevazione delle catene di infezione basate sulla durata e sulla distanza dei contatti.

Il cuore tecnologico del sistema si presenta sotto forma di badge speciali. Questi lavorano combinando la tecnologia radio UWB (ultra-larga banda) con un software integrato e l’esperienza della cooperazione SocioPatterns, guidata dalla Fondazione ISI.

Con SocioPattern, ISI negli ultimi dieci anni ha effettuato misurazioni delle reti di prossimità umane in vari contesti rilevanti per la diffusione di malattie infettive: scuole, ospedali, raduni sociali e contesti rurali in tutto il mondo sono stati oggetti di mappatura e misurazione per verificarne il potenziale di diffusione delle malattie infettive che deriva dalle relazioni tra le persone.

I test in Africa

ll team di ricerca ha testato la sua soluzione in vari ambienti come un ospedale svizzero e strutture sanitarie in Africa, nonché in due villaggi rurali in Kenya e Costa d’Avorio.

In Kenya e in Costa d’Avorio, il team di ricerca ha collaborato con due organizzazioni locali per istituire test in aree rurali. Questi partner erano il Centre Suisse de Recherches Scientifiques (CSRS) in Costa d’Avorio e il Center for Public Development (CPDH) in Kenya. Hanno partecipato un totale di 340 dipendenti delle strutture sanitarie e abitanti dei villaggi serviti da quelle stesse strutture.

Tuttavia, la tecnologia e le sue possibilità sono solo un aspetto del sistema, il contesto è un altro. Comprendere l’ambiente culturale è altrettanto importante per il successo di un’applicazione come questa.

L’importanza dei fattori culturali

Le conclusioni hanno mostrato che il sistema funziona bene per il personale ospedaliero in Kenya e in Costa d’Avorio. Tuttavia, il sistema si è rivelato meno adatto alle comunità dei villaggi. La loro adesione ai dispositivi non è stata coerente. 

In questo senso, i test mostrano che l‘intero contesto culturale deve sempre essere preso in considerazione quando si introducono sistemi tecnologici. Se vogliamo sviluppare sistemi di successo, che saranno adottati su larga scala o in modo efficace, dobbiamo includere nella progettazione anche i fattori culturali perchè influenzano una soluzione quanto le interdipendenze tecniche: è un principio fondante del design ed è un approccio auspicabile nella progettazione di qualsiasi soluzione, tech o meno.

Inoltre, altri fattori sono entrati nello scenario: i dati forniti dal sistema devono essere interpretati diversamente a seconda delle circostanze. Variazioni possono infatti essere determinate da

  • come i sensori vengono indossati
  • di che stoffa sono gli indumenti indossati, perché questo può influire sulla qualità del segnale

I test in Svizzera

In Svizzera, i badge sono stati distribuiti a quasi tutti i 40 dipendenti del centro ambulatoriale delle malattie infettive al Kantonsspital St. Gallen – dalle infermiere e i team medici al personale amministrativo – per una giornata lavorativa.

Quattro sensori fissi sono stati installati anche

  • alla macchina del caffè
  • nella sala comune
  • presso i dispenser di igiene delle mani in due stanze per i pazienti

Sviluppi ulteriori della soluzione

Riguardo all’applicazione di questa tecnologia, il team di ricerca vede spazio per due miglioramenti principali in futuro:

  • relativamente al consumo energetico.  I sensori utilizzeranno Bluetooth Low Energy per l’identificazione reciproca al fine di ridurre ulteriormente il loro consumo energetico
  • rispetto alla trasmissione dei dati: sarà impiegata una particolare tecnologia a basso consumo energetico LoRa (da “long range”), sviluppata per l’Internet of Things (IoT)

Conclusioni

Negli ospedali, ciò che tali sistemi permettono soprattutto è una prevenzione molto più efficace. “Se sappiamo dove e in quali circostanze si verificano contatti rischiosi, possiamo intervenire in modo mirato, ad esempio rendendo obbligatorie le mascherine in determinate situazioni”, hanno affermato dal team di ricerca. Dovrebbe essere anche possibile indagare su questioni come l’effetto sulla frequenza di infezione di diversi tipi di mascherine o routine di disinfezione delle mani.

 

fonte: ETH Zurich I ISI

immagine di copertina: Jetshots via Unsplash

autrice: Barbara Marcotulli

 

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