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cAPIRE I cambiamenti climatici PER COMPRENDERE LE MIGRAZIONI: LO STUDIO DI UN’UNIVERSITà COREANA

Un super computer ha simulato le condizioni climatiche di migliaia di anni fa per capire come abbiano influenzato i flussi migratori

 

Un gruppo di studiosi della Busan National University della Corea è stato in grado di programmare un supercomputer per simulare le condizioni climatiche di migliaia e migliaia di anni fa e capire come queste abbiano spinto i flussi migratori dall’Africa dei primi uomini sulla Terra.

Ad esempio, hanno scoperto che circa 700.000 anni fa l’Homo Heidelbergensis ha potuto espandersi perché il clima diventò improvvisamente più umido e piovoso.

Il ruolo del cambiamento climatico nelle migrazioni

L’espansione dell’umanità in tutto il mondo è indissolubilmente legata alle condizioni ambientali che i nostri primi antenati hanno dovuto affrontare. Una recente ricerca della Busan ​​National University della Corea del Sud ha rivelato modelli di supercalcolo che suggeriscono quanto la crescita e l’avanzamento dell’umanità siano dovute ai cambiamenti del clima preistorico.

Precedenti studi avevano approfondito il legame tra il cambiamento climatico e l’evoluzione umana. L’idea non è originale, ma i pochissimi dati concreti per supportare questa ipotesi quantitativamente rendevano difficile provarla. Questo recente studio ha visto i ricercatori cercare di colmare questa lacuna combinando dati su resti fossili ben datati e manufatti archeologici. Un supercomputer li ha aiutati a ricostruire la storia climatica della Terra negli ultimi due milioni di anni.

Il team di Pusan, guidato dal fisico del clima Axel Timmermann, ha utilizzato una “simulazione del modello di circolazione generale accoppiata al Pleistocene, in combinazione con un’ampia raccolta di reperti fossili e archeologici per studiare l’idoneità spaziotemporale dell’habitat per cinque specie di ominidi negli ultimi 2 milioni di anni”. Lo studio è stato pubblicato su Nature.

Credit: Pixabay/ CC0 Public Domain

Metereologia e paleo-ricostruzioni

Quel modello di 2 milioni di anni fa, che il team chiama simulazione 2ma, “riproduce record paleoclimatici chiave, come le temperature della superficie del mare tropicale, le temperature antartiche, l’idroclima dell’Africa orientale e il monsone estivo dell’Asia orientale, in stretto accordo con le paleo-ricostruzioni, ” per garantire una rappresentazione realistica di come i modelli di pioggia nell’Africa meridionale stavano probabilmente cambiando in quel momento.

Il clima influenza la disponibilità di risorse

Fondamentalmente, il team ha esaminando in che modo i modelli ciclici di 41.000 anni di precipitazioni e cambiamenti di temperatura causati dall’oscillazione assiale della Terra hanno influenzato la disponibilità di risorse per i primi esseri umani e per i nostri cugini stretti.

Combinando i dati sintetici generati dalla simulazione 2ma con le prove concrete di reperti fossili e archeologici, il team ha messo in dubbio i luoghi in cui era più probabile che abitassero l’homo sapiens e le nostre propaggini genetiche.

Conferme e trend

Il team di ricerca ​​ha notato alcune tendenze sorprendenti che emergono dai dati.

Ad esempio, i ricercatori hanno scoperto che circa 700.000 anni fa, l’Homo Heidelbergensis (sospettato essere il progenitore sia dei Neanderthal che degli esseri umani moderni) iniziò ad espandersi dalla sua area tradizionale. Fu in grado di farlo perché l’orbita ellittica del nostro pianeta ha creato condizioni climatiche più umide e abitabili in quel momento per supportare l’espansione. La simulazione ha proiettato il movimento di questi punti umidi attraverso la Terra e i ricercatori hanno trovato prove all’interno della documentazione fossile che si muoveva insieme a loro.

“La collezione globale di teschi e strumenti in uso a quelle popolazioni che abbiamo ritrovato (le paleo-evidenze) non è distribuita casualmente nel tempo”, ha detto Timmermann a Nature. “Segue uno schema”.

Homo Heidelbergensis è un ominide estinto vissuto fra 600 000 e 100 000 anni fa. Il nome è stato attribuito a ritrovamenti fossili precedentemente definiti come Homo sapiens arcaico, con particolare riferimento a quelli trovati in Germania presso Heidelberg, nel Baden-Württemberg, sulle rive del fiume Neckar. Foto Cell Press

L’ipotesi del ‘percorso evolutivo singolo’

Timmermann ha spiegato che questi risultati potrebbero supportare l’ipotesi del percorso evolutivo singolo, che postula che il cambiamento climatico 700.000 anni fa abbia portato a condizioni più calde e asciutte in Sud Africa. La risposta evolutiva dell’Homo Heidelbergensis a questi cambiamenti alla fine diede origine all’Homo Sapiens.

L’immagine, dagli autori dello studio, mostra come il cambiamento climatico determinato da fenomeni astronomici – come lo slittamento dell’asse terrestre e i cambiamenti nelll’orbita della Terra intorno al sole – abbiano influenzato l’evoluzione della specie umana. Foto: Nature 

“Riconosciamo che le suddivisioni delle nostre specie possono essere controverse e che queste non richiedono necessariamente costanza di morfologia, habitat e comportamento”, ha scritto il team di ricerca. “Tuttavia, anche se alcune attribuzioni di specie come Homo Heidelbergensis potrebbero essere messe in dubbio, rimaniamo fiduciosi che la maggior parte del record presenti poche sfide considerando che l’86% dei dati principali appartiene al ben definito e ampiamente accettato H. Neanderthalensis o H. Sapiens e che il match tra i dati e le evidenze paleontologiche ci aiuta a dimostrarlo”.

Questi risultati probabilmente non porranno fine al dibattito sugli inizi dell’umanità, ma aggiungeranno senz’altro qualche importante tessera al mosaico della nostra comprensione.

fonti: Slasher I Engadget

immagine di copertina: Pixabay/CC0 Public Domain


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