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batterie: I progetti per ridurre la nostra dipendenza dalla cina

Le batterie termiche naturali, fatte di sabbia e sale, ma anche quelle quantistiche potrebbero essere la soluzione. Molti i progetti in corso di sviluppo anche in Italia.

 

Batterie: il problema del secolo? Dipendiamo, tutti, enormemente dalla Cina. La ricerca scientifica nel campo delle batterie si sta concentrando sulla sostituzione dei metalli rari con alternative più economiche – le chimiche al litio-ferro-fosfato anziché al nichel-manganese-cobalto; le batterie al sodio anziché al litio – in modo da ridurre il costo della transizione ecologica e le conseguenze della dipendenza da un solo paese produttore.

E’ la Cina infatti il leader mondiale nella raffinazione di quasi tutti i metalli necessari alla produzione di batterie. La ricerca, da parte sua, cerca – e trova – alternative davvero interessanti e potenzialmente capaci di sganciare dalla dipendenza dal paese asiatico. Le innovazioni più dirompenti passano dalla fisica quantistica ma anche dall’ispirazione fornita dalle antiche civiltà, a loro volta fortemente agganciate ai fenomeni naturali: per tutti, comunque, l’obiettivo è sviluppare accumulatori fatti di materiali naturali abbondanti e abbordabili, facilmente reperibili. Come il sale o la sabbia, ad esempio, per conservare il surplus di energia prodotto dagli impianti eolici e fotovoltaici – incostanti poiché dipendenti dal meteo – in forma di calore.

Ad oggi, infatti, manca ancora una tecnologia economica in grado di stoccare l’energia rinnovabile per lunghi periodi di tempo: le batterie agli ioni di litio, le più diffuse, costano tanto, rischiano di prendere fuoco e soprattutto hanno una capacità di stoccaggio limitata a qualche ora. Senza contare che, appunto, il mercato del litio è nelle mani della Cina, con tutte le conseguenze, anche geopolitiche, che ne conseguono.

Lo scenario economico e politico

La dipendenza dell’Europa dalle batterie cinesi è peggiore persino di quella dal gas russo. Lo evidenzia un rapporto interno all’Unione: entro il 2030 il rapporto di dipendenza potrebbe mettere a serio rischio l’industria comunitaria. Il condizionamento delle esigenze energetiche nelle scelte geopolitiche è importante e sempre più pressante, la ricerca di soluzioni passa dalle negoziazioni diplomatiche ma, soprattutto, dalla ricerca.

Le batterie naturali, antiche e moderne

L’intuizione delle batterie termiche naturali arriva da lontano. Già nell’antico Egitto si costruivano le case in mattoni di terra (fatti di terriccio, argilla, sabbia e acqua) in modo che i muri “intrappolassero” il calore del sole durante il giorno e lo rilasciassero nelle notti fredde. Anche i popoli indigeni d’America facevano la stessa cosa con l’adobe (argilla, sabbia, acqua e paglia). I mattoni in adobe vantano prestazioni tecniche notevolissime; non a caso, sono una tecnica ancora ampiamente in uso. Tra i vantaggi: 

  • Inerzia termica
  • Accumulo di calore
  • Isolamento acustico
  • Isolamento termico
  • Facilità operativa
  • Manutenibilità.
  • Durabilità
  • Comportamento al fuoco
  • Salubrità
  • Riutilizzabilità e riciclabilità

Alcune delle moderne batterie naturali riprendono queste caratteristice e le evolvono in soluzioni ben più avanguardistiche, eppure semplici all’apparenza. Tra queste troviamo:

Le batterie a sabbia

In Finlandia l’azienda Polar Night Energy ha costruito una batteria di sabbia, ovvero un sistema che prima converte in calore l’elettricità generata dai pannelli solari e dalle turbine eoliche grazie a dei resistori; dopodiché conserva questo calore in un grande contenitore isolato pieno di sabbia. La sabbia – che può provenire da un deposito naturale ma anche da un cantiere dismesso – viene mantenuta costantemente a una temperatura di oltre 500 gradi Celsius, in modo da essere sempre “carica” per restituire energia alla rete, andando così a riscaldare e illuminare gli edifici. L’intero impianto è supportato da una serie di valvole e sensori di monitoraggio.

La batteria di Polar Night Energy funziona anche di notte perché la sabbia rimane calda (va da un minimo di 100°C a un massimo di 600°C, grossomodo) e riesce a mantenere il calore per mesi.

Trovi approfondimenti sulla batteria a sabbia di Polar Night Energy qui> https://makerfairerome.eu/it/la-prima-batteria-che-funziona-con-la-sabbia/

Le batterie al sale

La startup danese Hyme ha sviluppato invece una soluzione di stoccaggio dell’elettricità rinnovabile in calore a base di sali fusi, riscaldati a 700°C e conservati per giorni. All’occorrenza, il calore viene trasferito dai sali all’acqua e diventa vapore, destinabile alle fabbriche o alla generazione elettrica. La materia prima della batteria di Hyme è sostenibile e abbondante, visto che i sali fusi si ricavano dall’acqua salata.

Le batterie alla lignina

Eh si, anche il legno può fare la sua parte, aiutando a generare il carbonio necessario al funzionamento di alcune tipologie di batterie. Il progetto stavolta è finlandese; l’azienda è la Stora Enso e la sua storia e il dettaglio delle batterie che produce lo trovi qui: https://makerfairerome.eu/it/le-batterie-che-vengono-dal-legno/

I progetti italiani

L’Italia sta investendo intensamente nella ricerca relativa a batterie termiche naturali: si tratta di soluzioni promettenti ma che, per affermarsi, devono dimostrare di essere affidabili e replicabili commercialmente su larga scala. Per le loro caratteristiche, sembrano essere in grado di contribuire alla sicurezza della transizione energetica, garantendo la necessaria diversificazione tecnologica dai sistemi di accumulo elettrochimico (le batterie comunemente intese, agli ioni di litio) e una parziale emancipazione dalla geopolitica (non contengono materia rara controllata da pochi governi, ma sabbia e sale).

Le batterie a rocce frammentate

In Italia, vicino Arezzo, Enel ha un progetto di accumulo termico nelle rocce frammentate. Il sistema, chiamato Tes, è abbinato alla centrale a gas di Santa Barbara ma è proiettato all’immagazzinamento dell’energia rinnovabile. Funziona secondo un ciclo di carica e scarica: nella prima fase, il vapore generato dalla centrale passa attraverso dei tubi per riscaldare le rocce; nella seconda fase, il calore accumulato viene rilasciato. Questo calore può essere ceduto direttamente alle industrie, in modo da decarbonizzare (quando la fonte energetica d’origine sarà a emissioni zero) i processi non alimentabili con l’elettricità. Oppure può essere utilizzato per riscaldare l’acqua e generare vapore, che servirà a produrre elettricità. Tes può stoccare fino a 24 megawattora di calore, a 550°C, per cinque ore.

Il vantaggio della tecnologia, oltre alla doppia possibilità di output, è che non necessita di materiali rari.

Le batterie a CO2

Sempre in Italia, l’azienda milanese Energy Dome possiede a Ottana, in Sardegna, un sistema di batterie di CO2 che richiedono soltanto acciaio, acqua e anidride carbonica.L’impianto si presenta alla vista come una grande cupola sigillata (dome, appunto) contenente CO2. Il gas viene compresso e condensato in liquido, che funge da “contenitore” di energia vista la sua elevata densità energetica; anche il calore generato durante la compressione viene catturato e conservato per l’utilizzo in un secondo momento.

Quando c’è bisogno di energia, infatti, il calore fa evaporare la COliquida, che si espande e attiva una turbina che genera elettricità. Il tutto senza alcuna emissione in atmosfera perché il processo è a circuito chiuso: l’anidride carbonica allo stato gassoso viene cioè riportata nella cupola, per un nuovo ciclo di scarica.

La batteria quantistica

Si chiama Planckian (e come potrebbe essere altrimenti?) ed è una batteria che per funzionare sfrutta gli effetti quantistici, omonima dell’azienda – tutta italiana – che ci sta lavorando.

Il concept di Planckian esplora la termodinamica quantistica e sfrutta la coerenza quantistica, che consente alle unità di agire in modo cooperativo, dando origine a una carica iperveloce che dipende dal numero di unità-molecola. Facendo leva su una combinazione unica di competenze nel campo della scienza dei materiali e dell’informazione quantistica, Planckian ha l’ambizione di espandere i confini della rivoluzione quantistica e sviluppare tecnologie innovative per il controllo dell’energia basate su architetture di qubit.

Nell’architettura di Planckian, gli effetti quantistici possono essere sfruttati affinché i qubit raggiungano il livello di massima energia in maniera “collettiva” e in un arco di tempo che, in maniera contro-intuitiva, diminuisce all’aumentare del loro numero e quindi dell’energia gestita. In parole semplici, sei i qubit sono “arrangiati” in una specifica architettura, è possibile controllarne il comportamento. Questo processo dinamico rende possibile caricare la batteria in un tempo che si riduce via via che aumenta il numero dei qubit. In sostanza, maggiore sarà la capacità della batteria, meno tempo ci vorrà per caricarla.

La ‘rivoluzione’ di Planckian segna il primo passo di un lungo percorso verso lo sviluppo di tecnologie per la gestione dell’energia più efficienti e a ridotto impatto ambientale, in quanto capaci di operare sulla base di principi fisici in sostituzione dei tradizionali principi elettrochimici.

Per approfondimenti, puoi leggere l’articolo che le abbiamo dedicato: https://makerfairerome.eu/it/plankian-la-batteria-quantistica-italiana-dalla-ricarica-iperveloce/