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La plastica riciclata nella stampa 3D per combattere l’inquinamento ambientale

La plastica rappresenta una grave fonte di inquinamento per l’ambiente. Il riciclo in filamento per la stampa 3D offre valide alternative per lo smaltimento

 

Dove molti vedono solo spazzatura, qualcuno ha visto un’opportunità per costruire un’azienda e aiutare l’ambiente. Si tratta di un’azienda australiana che sta rapidamente conquistando il mercato.

 

La stampa 3D contribuisce già in misura significativa al benessere dell’ambiente, grazie all’efficienza dei processi di lavorazione che non producono scarti e al fatto che molte plastiche siano di origine vegetale. Questa tecnologia può infatti produrre oggetti risparmiando localmente sulla CO2 rispetto ad altre tecnologie che sono invece centralizzate e lavorano per sottrazione.

Mentre i processi industriali tagliano grandi quantità di materiale per creare parti, con la stampa 3D si costruisce il componente in base alle esigenze specifiche sul luogo dove serve. In questo modo si eliminano anche le emissioni prodotte dal trasporto post-produzione. Non si ha più la catena della logistica dalla fabbrica all’acquirente finale, che spesso è internazionale.

Le stampanti 3D possono contribuire ulteriormente alla salvaguardia del pianeta, grazie ai progetti di riciclo dei rifiuti che si stanno sviluppando intorno a questa tecnologia. Parecchie imprese hanno compreso che in un’ottica di economia circolare possono essere considerati una risorsa e non solo un problema.

Plastica riciclata come materia prima per la stampa 3D

La produzione di materie plastiche nel mondo è in aumento, ma solo il 10% viene riciclato. La stampa 3D può contribuire a ridurre lo spreco di plastica recuperando i rifiuti e donandogli una nuova vita.

In centri altamente specializzati i rifiuti plastici vengono lavati, asciugati e immessi in un trituratore che li riduce in minuscoli frammenti. In seguito passano in un estrusore, dove vengono riscaldati e fusi in filamenti poi utilizzati nella stampante 3D.

Esistono numerosi progetti per il recupero della plastica a livello locale che sfruttano le nuove applicazioni della tecnologia additiva e al contempo permettono di ripulire strade e città, portando vantaggi per l’intera società. In Australia si cerca di raggiungere un duplice obiettivo: liberare gli oceani dalla plastica e renderla nuovamente utilizzabile grazie alla stampa 3D.

Liberare gli oceani dalla plastica grazie alla stampa 3D

Entro il 2050, nei nostri oceani ci sarà più plastica che pesce, lasciando in eredità ai nostri figli un serio problema ambientale. Si stima che ogni anno si riversano negli oceani circa 28 miliardi di chili di plastica: considerando quanto pesa poco questo materiale è un numero ancora più sbalorditivo.

Una start-up australiana trasforma la plastica in filamenti per stampanti 3D grazie ad un impianto di riciclaggio industriale. Tramite una rete di scuole si raccoglie la plastica dispersa nell’ambiente prima che finisca nell’oceano. Una volta che i rifiuti diventano filamenti, ritornano alle stesse scuole per l’utilizzo in progetti di stampa 3D educativi.

 

Il progetto australiano per riciclare la plastica

L’impianto di riciclo di questa startup australiana è diventato operativo lo scorso luglio 2019. Al progetto partecipano anche altre organizzazioni che perseguono gli stessi obiettivi, oltre a ben 50 scuole secondarie provenienti dagli stati orientali: per il 2020 l’obiettivo si poneva di aumentarle fino a 300 ma riteniamo che questo ambizioso risultato debba ragionevolmente essere posticipato al 2021, a causa della pandemia da COVID-19. Ma già sono stati comunque ampiamente superate le stime iniziali: se nel piano originale si prevedeva che l’impianto producesse 300 kg di filamenti alla settimana prodotti con la plastica riciclata, grazie al crowdfunding, al supporto e all’assistenza ricevuti, il dato è rapidamente salito a ben 300 kg ogni ora!!

 

Leggi l’articolo originale di Sergio Pinto su Stampa3DFacile


 

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