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Alimentazione “circolare”: con gli scarti del caffè prodotti da forno ad alto valore aggiunto

Gli scarti di torrefazione del caffè sono un ingrediente prezioso

Uno studio ENEA sulla sostenibilità alimentare dimostra che usare scarti di caffè per la produzione di alimenti da forno è vantaggioso per il gusto e l’ambiente

 

Utilizzare gli scarti della torrefazione del caffè come ingrediente ad alto valore aggiunto nei prodotti da forno consentirebbe di ridurre del 73% l’impatto ambientale delle lavorazioni e di dimezzare i costi di smaltimento a carico delle aziende.

È quanto emerge da uno studio ENEA sulla sostenibilità economica e ambientale dello smaltimento della silverskin, il principale scarto organico della torrefazione del caffè, che i torrefattori hanno l’obbligo di trasformare in compost.

Cos’è la silverskin

La silverskin è la pellicola che in fase di tostatura si stacca dal chicco di caffè. Nella maggior parte dei casi questa leggera pellicola viene smaltita come rifiuto speciale, con oneri per l’azienda sia economici che logistici. Attualmente, i torrefattori hanno l’obbligo di trasformarla in compost ma vi sono numerosi articoli scientifici e progetti che attestano la possibilità di utilizzare questo materiale naturale oltre che, appunto, in agricoltura come compost, come ingrediente per gli impianti di produzione di biogas, nell’industria della carta (grazie all’alto contenuto di lignina e cellulosa) e in quella degli integratori alimentari e della cosmetica (estraendone i lipidi e alcuni composti fenolici).

credit: Volodymyr Proskurovskyi via Unsplash

La silverskin come ingrediente nei prodotti da forno

E poi c’è l’utilizzo alimentare, oggetto di questo studio ENEA. “L’analisi del ciclo di vita ha evidenziato che l’utilizzo alimentare della silverskin consentirebbe di evitare circa 250 kg di COequivalente per ogni tonnellata di farina sostituita con lo scarto del chicco del caffè, pari a un quantitativo di CO2 che può essere assorbito da 22 alberi.

Un impatto decisamente più ridotto rispetto a quello della sua valorizzazione come compost, che determina l’emissione di circa 236 kg di COequivalente e che non è compensato dai vantaggi di utilizzare il compost ottenuto al posto dei fertilizzanti sintetici”, spiega Giuliana Ansanelli, ricercatrice ENEA e coautrice dello studio insieme alle colleghe Gabriella Fiorentino e Amalia Zucaro del Laboratorio ENEA Tecnologie per il riuso, riciclo, recupero e valorizzazione di rifiuti e materiali.

“Sul fronte economico, i risultati dell’Analisi dei Costi del Ciclo di vita indicano che l’azienda di torrefazione campana analizzata nello studio, può conseguire una riduzione di quasi il 60% dei costi legati allo smaltimento della silverskin, passando da 448 €/ton a 190 €/ton, se valorizzata come ingrediente funzionale piuttosto che come compost”, sottolinea Gabriella Fiorentino.

L’impiego nei prodotti da forno

L’impiego della silverskin nei prodotti da forno, come ingrediente alternativo, oggetto della ricerca ENEA, offre una nuova prospettiva sui benefici ambientali ed economici derivanti dalla valorizzazione di questo scarto nel settore della panificazione. Un processo circolare e sostenibile che impatta positivamente anche sul consumatore poichè influenza allo stesso modo anche i valori nutrizionali del prodotto finale: la silverskin, infatti, +è ricca in fibre (35%), proteine (19%) e antiossidanti.

Nonostante i risultati incoraggianti sul suo uso come ingrediente funzionale, la silverskin deve prima superare la procedura di approvazione per essere utilizzata nei prodotti alimentari in commercio. Ad oggi, la procedura non è ancora conclusa, nonostante numerosi studi abbiano evidenziato bassi rischi e molti benefici legati al suo consumo.

La sperimentazione a Napoli

Nel 2019 il settore agro-industriale della Città Metropolitana di Napoli ha generato circa 30mila tonnellate di rifiuti organici, di cui quasi il 3% proveniva da aziende di torrefazione del caffè (in gran parte silverskin). 

Attualmente questo rifiuto organico viene inviato agli impianti di compostaggio, con elevati costi di trattamento. Ma in Campania c’è carenza di infrastrutture per il trattamento della frazione organica e quindi sarebbe auspicabile individuare modalità di gestione alternative dello scarto della torrefazione del caffè, in accordo con i principi della bioeconomia circolare e della simbiosi industriale, che permettano di ridurre impatto ambientale, costi di smaltimento a carico delle aziende e della regione e pressione sugli impianti di compostaggio.

Questa ricerca di ENEA apre a nuove possibilità per l’industria alimentare, dimostrando come gli scarti produttivi possano essere reinseriti in modo sostenibile nei cicli produttivi. La fattibilità di queste innovazioni, tuttavia, dipenderà dal superamento delle barriere normative e dalla dimostrazione della sicurezza e dell’efficacia di questi ingredienti alternativi.

fonti: ENEA I Rural Hack

immagine di copertina: ENEA Media

autrice: Barbara Marcotulli


 

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