la tecnologia in corsia a supporto del personale sanitario impegnato in prima linea nella lotta contro il coronavirus.

Un robottino che permette di effettuare “televisite” ai pazienti ricoverati e affetti da Covid-19, limitando in sensibilmente i rischi per il personale medico e infermieristico. E’ quanto sta accadendo nell’Ospedale Infermi di Rimini dove la tecnologia lavora al fianco di chi da settimane è in prima linea.
Rischi minori grazie alle “televisite”
Grazie all’utilizzo di un computer dotato di webcam e microfono, e con l’ausilio di un’interfaccia software, il medico, coadiuvato da un altro operatore che apre fisicamente le porte delle camere di degenza è in grado di guidare il robot attraverso i corridoi fino al letto del paziente, mostrandosi a quest’ultimo attraverso il monitor: in questo modo, grazie all’utilizzo di un microfono e di due telecamere presenti sul robot, il medico può svolgere a distanza un’efficace valutazione visiva del paziente e interloquire per fornire e raccogliere ulteriori informazioni cliniche, senza correre il rischio di contagiarsi.
Non solo però maggiore sicurezza. Il robot, infatti, non eliminando il contatto umano ma riducendo gli accessi, permette di ottimizzare i tempi della vestizione e svestizione – che hanno un impatto notevole sull’attività di medici e infermieri – migliorando la qualità del tempo che il personale medico e infermieristico può dedicare alle persone ricoverate.
L’efficacia derivante dall’uso di robot teleguidati a distanza sta dunque nel ridurre i rischi a cui si espongono solitamente medici e infermieri e nel risparmio del complesso dei dispositivi di protezione necessari e purtroppo oggi spesso insufficienti per numero.
Robot in corsia anche a Varese
Ma quello di Rimini non è un caso isolato: dal 27 marzo anche l’ospedale di Circolo di Varese ha “assunto” sette robot infermieri per aiutare medici e infermieri. Leggi qui l’articolo.

Robot e emergenza sanitaria: i casi di successo
L’uso dei robot in situazioni di emergenza sanitaria però non è una novità.
Come riportato da un articolo pubblicato su Science Robotics lo scorso 25 marzo, già durante l’epidemia di Ebola 2015 l’Ufficio della politica scientifica e tecnologica della Casa Bianca e dalla National Science Foundation identificarono tre grandi aree in cui la robotica può fare la differenza: assistenza clinica (ad es. Telemedicina e decontaminazione), logistica (ad es. Consegna e gestione dei rifiuti contaminati) e ricognizione (ad es. monitoraggio del rispetto delle quarantene volontarie).

Restando nell’area dell’assistenza clinica, ecco che i robot si rivelano soluzioni efficaci per la disinfezione di superfici contaminate (i coronavirus possono persistere su metallo, vetro o plastica per alcuni giorni) attraverso l’uso di dispositivi a luce ultravioletta o ancora, come nel caso dei droni, per la misurazione della temperatura nelle aree pubbliche e nei porti di ingresso grazie all’integrazione di sensori termici e algoritmi di visione.
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